La famiglia del dittatore Kim Il-sung era cristiana e devota
Lo rivelano diversi esuli nordcoreani che, in un modo o in un altro, si sono stabiliti nel sud della penisola. Il più eminente fra questi è sicuramente Kim Hyun-sik, che oggi insegna a Yale dopo 38 anni come docente presso il più prestigioso college di Pyongyang. Secondo il professore, sia Kim Hyong-jik che Kang Ban-sok (rispettivamente padre e madre di Kim Il-sung) erano non solo cristiani, ma anche molto devoti. Ban-sok, tra l’altro, è il nome coreano per Pietro e veniva imposto anche alle bambine.
In Corea del Nord, i cittadini sono organizzati in 51 classi. Le prime tre sono basate sulla lealtà alla famiglia Kim e al culto della personalità che impone il “presidente eterno” e il “caro leader” suo figlio come uniche forme di divinità ammesse nel Paese. Ovviamente, chiunque professi una religione o venga trovato in possesso di materiale religioso è classificato come “ostile” e viene di fatto bandito dalla vita pubblica del Paese.
Molto legato ai suoi genitori, Kim Il-sung venne “convinto” da Stalin ad annullarne il carattere religioso. Ma persino questo non è riuscito a impedire che, nella sua autobiografia, il presidente scrivesse: “I miei genitori andavano in chiesa, ovviamente soltanto per riposarsi”. Noti nella comunità cristiana della Corea anni Quaranta, i genitori sono divenuti anche loro dei pupazzi della propaganda del nuovo regime.
Soprattutto la madre, che oggi viene celebrata come “la madre del presidente, indomita campionessa della rivoluzione comunista che, con i suoi sforzi, ha creato e portato alla vittoria il movimento femminile coreano”. Il padre, inoltre, era “un grande pioniere del marxismo, che ha combattuto tutta la vita contro il capitalismo e ha salvato la sua patria”.
Tuttavia, questa operazione di restauro della memoria non ha eliminato del tutto il cristianesimo almeno dalla vita di Kim Il-sung. Secondo diverse testimonianze dell’epoca, prima di un’importante operazione chirurgica chiese al medico di “pregare per lui”. Il medico, da parte sua, invitò il paziente a pregare insieme: cosa che avvenne.
Da quando si è instaurato il regime comunista nel 1953, sono scomparsi circa 300 mila cristiani e non ci sono più sacerdoti e suore, forse uccisi durante le persecuzioni. Attualmente sono circa 100 mila quelli che nei campi di lavoro sono sottoposti a fame, torture e perfino alla morte. Ex funzionari nord-coreani e prigionieri hanno affermato che i cristiani nei campi di rieducazione o in carcere sono trattati molto peggio degli altri detenuti. Nessuno conosce la sorte dei vescovi cattolici: secondo l’annuario pontificio, il presule della capitale è ancora al suo posto.
Pyongyang dichiara che la libertà religiosa è presente nel Paese e garantita dalla Costituzione: cifre governative ufficiali parlano di circa 10 mila buddisti, 10 mila protestanti e 4 mila cattolici. Le stime del governo si riferiscono solo ai fedeli iscritti nelle associazioni riconosciute. A Pyongyang ci sono 3 chiese, 2 protestanti e 1 cattolica. Secondo fonti di AsiaNews, i cattolici non sono più di 200: tutti molto anziani, non frequentano da decenni una funzione religiosa.
27/02/2017 08:58