La fame di riso dei bambini birmani
Yangon (AsiaNews/Agenzie) – Le proteste in Myanmar sono esplose non solo per la fame di libertà, ma anche di riso, in una terra dove le molte risorse naturali arricchiscono la dittatura militare mentre la popolazione muore letteralmente di fame. La protesta dei monaci è iniziata a Pakkoku e si è estesa a Sittwe, capitale dello Stato Rakhine: due delle zone più povere, dove la malnutrizione infantile raggiunge il 20%: è “solo” del 18% nel misero Niger.
La regione intorno Pakkoku è chiamata la “zona secca”, una desolata terra di confine tra montagne e foreste, con molti abitanti ma scarsi raccolti di riso. Mancano dati ufficiali, ma secondo fonti private c’è una mortalità infantile di oltre due morti al giorno su 10mila abitanti. Non solo per malnutrizione ma anche per l’assenza di cure mediche. Nel 2007 si stimano morti in Myanmar più di 3mila bambini per la peggiore epidemia di Dengue del decennio. Ma ai media è proibito parlarne.
I giovani si allontanano per cercare lavoro. Le madri stanno via mesi per mandare qualcosa da mangiare ai figli lasciati a casa: fanno le operaie nelle fabbriche che lavorano il pesce, le cuoche nelle piantagioni di gomma, si prostituiscono presso le miniere.
Il Paese è ricco di legname pregiato, rubini e gas naturale, ma se ne arricchiscono solo i capi militari e le compagnie che li sostengono. Secondo un rapporto congiunto delle Nazioni Unite e del governo del Myanmar, il 36% della popolazione vive sotto la soglia della povertà (chi ha meno di un dollaro al giorno per vivere), ma il dato reale è ritenuto molto maggiore e ogni anno la povertà peggiora. Le sanzioni imposte da Stati Uniti ed Europa hanno avuto poco effetto, con Cina, India e Paesi dell’Asean che sfruttano le ricchezze del Paese.
L’agenzia umanitaria Azione contro la fame, che ha centri nel Rakhine settentrionale, dice alla Reuters che la situazione era già peggiorata ma è precipitata con l’aumento del prezzo della benzina a metà agosto. In un mese il prezzo del riso, alimento essenziale per i poveri, è cresciuto di un terzo.
Per anni i monaci hanno assistito a questa realtà quotidiana, prima di scendere in piazza e protestare per la gente che muore di fame.
Fonti locali osservano che il coprifuoco non ha molto colpito la classe media, che lavora ogni giorno dalle 9 di mattina alle 5 del pomeriggio, ma è stato disastroso per i più poveri: per le madri che ogni giorno si alzano alle 2 di notte per andare al mercato del pesce o delle verdure e comprare una cassetta di merce, per rivenderla e guadagnare quanto basta per sfamare i figli quel giorno.