09/03/2004, 00.00
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La domanda di acciaio sconvolge i mercati mondiali

Pechino (AsiaNews) – La scarsità di materie prime e di altre risorse potrebbe ridurre del 25% la produzione di acciaio in Cina. È quanto ha dichiarato Luo Bingsheng, presidente dell'Associazione Cinese Ferro ed Acciaio. Giorni fa il primo ministro Wen Jiabao ha messo in guardia il paese dai rischi di surriscaldamento dell'economia. Seguendo questa pista, Luo Bingsheng, ha affermato che la capacità logistica e mineraria cinese potrebbe non essere in grado di soddisfare la domanda interna di acciaio: "Pur avendo quest'anno in programma di installare nuova capacità produttiva per un totale di 52 milioni di tonnellate, ci attendiamo di poter reperire materie prime addizionali sufficienti solo per 38 milioni di tonnellate".

Gli impianti che entreranno in funzione quest'anno erano stati commissionati alcuni anni fa in previsione dell'aumento di fabbisogno conseguente all'organizzazione dei giochi olimpici del 2008.

Lo scorso anno la Cina ha prodotto 220 milioni di tonnellate, due volte il totale del Giappone che è il secondo produttore al mondo. A causa della altissima richiesta, la Repubblica Popolare è anche il maggior importatore di acciaio finito e di materie prime siderurgiche.

Dopo cinque anni di crescita tumultuosa, che hanno reso la Cina il maggior produttore al mondo di acciaio, la riduzione del 25 % della capacità produttiva installata quest'anno è segno delle difficoltà che la Cina si trova ad affrontare nel mercato internazionale.

In passato la Cina, utilizzava quasi esclusivamente risorse interne. Oggi si trova ad incontrare un primo serio limite al proprio sviluppo perché deve reperire all'estero le materie prime. Tutto questo causa varie  problematiche nei trasporti e nelle relazioni internazionali.

Il sottodimensionamento degli investimenti nel settore minerario in Cina ha provocato un aumento del 18,6 % dei prezzi delle forniture internazionali a lungo termine, mentre i prezzi interni del minerale sono saliti del 35 %. Il 47 % della produzione cinese di acciaio proviene da minerale importato e viene estratto in miniere molto lontane dalla Cina: il 70 % delle risorse mondiali di minerale di ferro è infatti localizzato in Brasile ed Australia. Ciò significa che i costi di trasporto ai porti della Cina sono una quota rilevante dell'onere sostenuto dai produttori cinesi di acciaio. In poco tempo i costi di nolo dal Brasile sono saliti da 10 a 40 dollari per tonnellata, mentre quelli dall'Australia sono saliti da 5,50 a 20 dollari per tonnellata.

L'emergere della Cina come polo produttivo internazionale ( e come consumatore di materie prime) comporta ripercussioni di ogni genere nei flussi e negli equilibri commerciali internazionali.

Quest'anno il consumo cinese di acciaio dovrebbe avere un incremento del 13 %. L'anno scorso la crescita era stata del  25,6 %, ma è sicuro che anche con una crescita dimezzata del fabbisogno cinese l'influenza si farà sentire in tutto il mondo. Già l'anno scorso vi sono state ripercussioni: in Italia la mancanza di carbon coke, utilizzato nella produzione di acciaio, hanno provocato la chiusura degli stabilimenti di Genova-Cornigliano e messo a rischio l'Acciaieria di Terni. Forti tensioni di prezzo si sono registrati anche sul fronte del prodotto finito: in un momento in cui l'Europa si trova ancora in una fase di profonda recessione e l'America di ancor timida ripresa, il prezzo delle bobine di acciaio laminato a caldo è salito da circa 200 dollari alla tonnellata nel 2002, a circa 500 dollari in queste ultime settimane. Il dato è molto significativo perché l'acciaio laminato a caldo a sua volta costituisce la materia prima per molte lavorazioni industriali a valle. (MdO)

 

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