18/10/2024, 08.39
KAZAKISTAN
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La 'diplomazia nucleare' tra Russia e Asia Centrale

di Vladimir Rozanskij

Il referendum col quale in Kazakistan il 71% degli elettori ha approvato la costruzione di una nuova centrale nucleare è visto come una grande opportunità per la compagnia russa Rosatom, uno dei giganti dell’economia russa che sta resistendo all’indebolimento della fase bellica ed è attualmente impegnato nella costruzione di 20 reattori all'estero.

Astana (AsiaNews) - Il referendum in Kazakistan sulla costruzione di una nuova centrale nucleare, secondo molti media internazionali e interni, è stato poco più che un “teatrino politico” per giustificare le ambizioni kazache nel settore energetico ed economico. Le autorità hanno assicurato che la centrale verrà affidata a un “consorzio internazionale”, ma i commentatori ritengono che il contratto fondamentale sarà quello con la compagnia russa Rosatom, realizzando un gioco di sponda tra Mosca e Astana.

Il governo kazaco insiste sulla necessità di raggiungere la sicurezza energetica, mentre i critici manifestano le loro preoccupazioni per l’ecologia del Paese, soprattutto se il reattore verrà collocato nei pressi del sempre più inaridito lago Balkhaš. Si parla anche dei rischi di corruzione, dubitando delle capacità del governo di garantire la trasparenza del progetto. Le voci degli oppositori prima del referendum sono state soffocate in vari modi, nonostante le assemblee popolari che si sono tenute in tutte le città del Kazakistan.

Alla fine il risultato prevedibile ha visto l’approvazione della centrale con il 71% dei voti favorevoli, e oltre a Rosatom sono in lizza per la sua realizzazione diverse aziende di almeno quattro Paesi. Va considerato che la Russia controlla il 95% degli itinerari per l’esportazione del petrolio kazaco, e la centrale nucleare potrebbe assicurare al Cremlino una nuova leva di pressione sull’intero settore energetico del Kazakistan.

Sulla rivista americana Diplomat scrive un’analisi della situazione lo specialista Akilbek Tilavoldiev, ricercatore dell’università statale di Taškent, che sottolinea l’importanza delle prossime elezioni presidenziali americane anche sulle questioni energetiche in Asia centrale. Nessun presidente americano ha mai visitato questa regione, ma i recenti contatti secondo il formato 5+1 (iniziato già durante la presidenza di Barack Obama) rendono oggi più sensibili le relazioni tra gli Usa e i cinque Paesi. Durante la presidenza di Donald Trump fu approvato il documento sulla “Strategia degli Usa in Asia centrale per il 2019-2015: rafforzamento della sovranità e fioritura economica”.

Una vittoria di Trump porterebbe al rilancio di questa strategia, con un approccio molto pragmatico per il vantaggio economico reciproco dei partner. Se a trionfare invece fosse Kamala Harris, secondo Tilavoldiev, “prevarranno gli aspetti sociali ed ecologici”, e tutto potrebbe essere rimesso in discussione. La Russia sta a guardare, ma il progetto kazaco potrebbe offrire un’importante via d’uscita dall’isolamento dovuto al regime delle sanzioni, e Mosca insiste sull’aiuto all’energia nucleare non solo in Kazakistan, ma in tutta l’Asia centrale.

L’Uzbekistan ha già sottoscritto un accordo con la Russia per una centrale nucleare di piccole dimensioni, che verrà costruita da Rosatom, e anche in Kirghizistan si sta pensando a un progetto simile. Secondo Kacper Szulecki, ricercatore all’Istituto per gli affari internazionali di Oslo, “l’Asia centrale occupa un posto speciale nella diplomazia in ambito di energia nucleare della Russia per l’eredità post-sovietica, e Rosatom può lavorare in queste zone più liberamente che da qualunque altra parte”, considerando la mancanza di barriere linguistiche, i contatti personali e istituzionali e diversi altri fattori sociali, politici ed economici.

Si considerano anche i rischi per la sicurezza di fronte alle nuove centrali nucleari, elemento che si è reso evidente nel conflitto della Russia in Ucraina. Il rischio di sabotaggi non sarebbe particolarmente elevato, ma le potenzialità distruttive sarebbero evidentemente molto alte e fonte di grandi apprensioni. Rosatom è uno degli ultimi giganti dell’economia russa che ancora resiste all’indebolimento della fase bellica, essendo il fornitore di 26 su 59 blocchi energetici in costruzione oggi nel mondo intero, 20 dei quali sono in corso al di fuori della Russia: Bangladesh, Cina, Egitto, India, Turchia e altri, a cui si vogliono aggiungere gli snodi cruciali dell’Asia centrale.

 

Foto: un cartello per il voto nel referendum sul nucleare in Kazaistan (Wikimedia/Muzaffar Turgunov) 

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