24/09/2024, 08.45
TURKMENISTAN
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La difficile integrazione del Turkmenistan

di Vladimir Rozanskij

Uzbekistan, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan hanno affrontato insieme molti problemi nella cooperazione e sviluppo economico della regione. Il Turkmenistan appare invece sempre piuttosto reticente, come nelle difficoltà di transito dalle frontiere.

Ašgabat (AsiaNews) - Lo scorso 17 settembre si è tenuto un summit di tutti i leader dei Paesi dell’Asia centrale, riuniti insieme al cancelliere tedesco Olaf Scholz nel formato “5+1” per trovare nuove occasioni di collaborazione comune con la Germania e l’Europa intera. Il presidente del Turkmenistan, Serdar Berdymukhamedov, è intervenuto dicendo che ritiene “opportuno rafforzare le relazioni diplomatiche tra la Germania e l’Asia centrale”, e sostiene convintamente le prospettive di sviluppo economico della regione con il sostegno europeo.

Gli osservatori mettono in rilievo che nella politica estera di Ašgabat, l’apertura e la disponibilità alle relazioni si limitano sempre alle dichiarazioni sul “rafforzamento delle relazioni diplomatiche”, un principio ribadito in più occasioni anche all’Onu e nei vari incontri per l’integrazione dei Paesi centrasiatici. Per ottenere risultati concreti si auspicano in realtà decisioni efficaci su questioni scottanti, come ad esempio i necessari accordi sulle migrazioni, come quello sottoscritto da Scholz insieme al presidente dell’Uzbekistan, Šavkat Mirziyoyev.

Più in generale, i passaggi affrontati da Uzbekistan, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan hanno permesso di risolvere molti problemi nella cooperazione e sviluppo economico della regione. Il Turkmenistan appare invece sempre piuttosto reticente, come nelle difficoltà di transito dalle frontiere; nei giorni scorsi, ad esempio, sono stati fermati e rimandati indietro decine di uzbeki nativi del Paese, che intendevano recarsi nella patria etnica a scopo di studio. La chiusura e l’isolamento turkmeno si rende evidente anche in occasioni come la discussione sull’Accordo di Amicizia in discussione dal 2022, già firmato dagli altri 4 Paesi, mentre la parte turkmena ha promesso di unirsi solo alla fine delle procedure interne, lasciandolo fino ad oggi in sospeso.

L’Accordo diventa sempre più necessario e urgente, in conseguenza della guerra russa in Ucraina e delle sanzioni che complicano molto i rapporti economici che da sempre legano strettamente l’Asia centrale alla Russia in tutti gli ambiti del commercio, degli investimenti, dell’industria e agricoltura, logistica e trasporti, energetica e turismo e molto altro. Berdymukhamedov ha insistito a sua volta sulla “collaborazione nel nostro formato”, ma senza entrare nella realizzazione pratica di questo obiettivo.

Gli esperti turkmeni, restii a pronunciarsi a volto scoperto per il clima molto autoritario del Paese, esprimono comunque a microfoni spenti l’opinione che “il regime mostra una reale attività solo nelle questioni che non richiedono passi concreti, e non intende assumersi responsabilità giuridiche e politiche a livello interregionale e internazionale, sono soltanto passerelle televisive”. La tradizionale “neutralità” del Turkmenistan, secondo molti osservatori, “impedisce un vero sviluppo della stessa società turkmena”.

La questione del rientro dei migranti illegali è oggi una delle problematiche più delicate, e gli uzbeki sono riusciti a ottenere da Scholz adeguate garanzie di collaborazione in questo senso, considerando che in Germania attualmente si trovano quasi 15mila cittadini uzbeki. Non ci sono invece dati ufficiali sul numero dei turkmeni sul territorio tedesco, legali o illegali, in quanto Ašgabat non ama diffondere informazioni sui propri cittadini.

La politica di isolamento e orgoglio etnico-culturale è comune a tutta l’Asia centrale, soprattutto in seguito alla fine del dominio sovietico, e solo negli ultimi anni si stanno compiendo passi in avanti per l’integrazione di tutta la regione, con il Turkmenistan che resta a guardare, custodendo gelosamente la propria “sovranità familiare” di antica tradizione.

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