24/03/2025, 08.45
TAGIKISTAN
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La demolizione della storia di Dušanbe

di Vladimir Rozanskij

Nel centro della capitale del Tagikistan sta suscitando aspre discussioni l'inizio dell'abbattimento di uno storica casa da tè, un luogo di ritrovo di letterati e artisti noto in tutto il mondo, per lasciare spazio a niovi moderni edifici. Anche il teatro Lokhuti, a sua volta un capolavoro dell’architettura tagica, sembra destinato alla stessa sorte.

Dušanbe (AsiaNews) - Una circostanza ha provocato grande costernazione negli abitanti di Dušanbe e di tutto il Tagikistan, con l’inizio dei lavori di demolizione della leggendaria Čajkhana Rokhat, la “Casa da tè del riposo” costruita nel 1958, in epoca sovietica, nel centro della capitale, dove era ritenuta una delle principali attrazioni. Oltre al particolare tè di propria produzione, la Čajkhana offriva la degustazione dei piatti tradizionali della cucina tagica, come il plov (risotto di carne con carote), il lagman (minestra di agnello con pasta e verdure) e i manty (ravioli con ripieno di carne e peperoncino).

Nel 2017 la rete televisiva americana Cnn aveva inserito la Rokhat tra le 11 migliori case da tè del mondo, e in vari sondaggi le veniva attribuito il primo posto. L’anno successivo però le autorità cittadine hanno cominciato a parlare della sua demolizione, per usare il territorio al fine di costruire edifici moderni, proposta in un primo tempo ritirata, ma ripresa e iniziata a sorpresa a marzo di quest’anno, ritenendo la costruzione ormai obsoleta. L’attore e regista Ortik Kodir, che per molti anni ha lavorato accanto alla Rokhat nel teatro Lokhuti, ha espresso tutto il suo dispiacere, in quanto “non era soltanto una čajkhana, ma un luogo d’incontro tra letterati e uomini d’arte”.

Tutti i giorni gli intellettuali di Dušanbe iniziavano la giornata incontrandosi per bere il tè senza fretta nella Rokhat, e tra di essi vi erano personalità come Asli Burkhonov, attore e regista teatrale tra i più amati, e altri grandi attori come Makhmud Tokhiri, Burkhon Radžabov, Makhmudžon Vokhidov, Khošim Gadoev e tanti altri ancora. Non solo gli uomini di cultura sono affranti per la demolizione del Rokhat, ma in generale gli abitanti della capitale, che diffondono sulla rete un appello a preservare lo storico edificio.

Le autorità sembrano però non prestare attenzione ai sentimenti dei cittadini, e il presidente del Comitato per l’edilizia e l’architettura di Dušanbe, Nizom Mirzozoda, incontrando i giornalisti ha ricordato che la Rokhat sorge proprio accanto al nuovo edificio del governo del Tagikistan, e non corrisponde alle esigenze urbanistiche contemporanee. Egli ha comunque promesso di costruire un’altra Čajkhan Rokhat in una nuova sede, “nello stesso stile architettonico, con gli stessi motivi e decorazioni nazionali e gli stessi elementi, la faremo ancora più bella ed efficace”.

Nonostante le promesse, con l’inizio dei lavori di demolizione sono già andati completamente distrutti due enormi mosaici sulla facciata, famosi in tutto il mondo, e non si sa che fine faranno i soffitti affrescati con motivi nazionali e le colonne scolpite, vista la fine dei mosaici. I funzionari dell’amministrazione presidenziale che seguono i lavori confermano in modo ufficioso ai corrispondenti di Radio Ozodi che “era tecnicamente impossibile conservare i mosaici e le colonne”, in parte ormai ridotti in frantumi, promettendo al massimo di rifare il mosaico sulla base delle fotografie nel nuovo edificio che verrà costruito. Molti però avevano proposto di smontare questi elementi a pezzi, e trasferirli in altro luogo, ma sempre al centro della città, in modo da renderli disponibili ai turisti e ai tanti stranieri che venivano per contemplarli.

Anche il teatro Lokhuti, a sua volta un capolavoro dell’architettura tagica, sembra destinato alla stessa sorte della Rokhat, e al loro posto verranno probabilmente installate delle fontane che ispirino l’ammirazione dei palazzi del potere. Come affermano i cittadini di Dušanbe, la Rokhat era “la nostra storia e il nostro biglietto da visita, riconosciuto in tutto il mondo, e ora noi stessi non riconosciamo più la nostra città”. Le autorità cittadine parlano del “piano generale di rianimazione” della capitale, demolendo in serie molti edifici per costruirne di nuovi più moderni e solenni, ma con un’anima ormai estranea alla storia del Tagikistan.

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