La crisi non trova sbocchi, mentre i terroristi aprono un nuovo fronte nel sud
Beirut (AsiaNews) – Resta bloccata la crisi politica libanese, dopo che il presidente della Camera Nabih Berri – che è anche capo del gruppo sciita di Amal, all’opposizione – ha respinto la proposta del capo della maggioranza, Saad Hariri, di riaprire il dialogo interlibanese, ponendovi la condizione preliminare delle dimissioni del governo. La caduta di Fouad Siniora si conferma così l’obiettivo fondamentale dei gruppi filosiriani da quando fu lanciata la possibilità di dar vita ad un tribunale internazionale per giudicare i responsabili dell’assassinio dell’ex premier Rafic Hariri, approvato a fine maggio dall’Onu.
Vengono visti in questo quadro da un lato le voci su una possibile iniziativa francese per una conferenza che riunisca intorno ad un tavolo partiti libanesi e Paesi coinvolti nelle vicende del Paese, dalla Siria alla Lega araba e dall’altro il nuovo teatro di scontri tra militanti islamisti ed esercito libanese apertosi ieri notte intorno al campo profughi di Ain al-Hilweh, nel sud.
A margine, il viaggio in Europa del generale Michel Aoun che fa propaganda alla sua candidatura come nuovo presidente della Repubblica. Dopo essere stato una settimana a Parigi, dove ha incontrato il ministro degli Esteri Bernard Kouchner, Aoun è da ieri a Roma, dove conta di avere colloqui con il segretario della sezione per i rapporti con gli Stati del Vaticano, mons. Dominique Momberti, e con il ministro italiano degli Esteri, Massimo D’Alema.
E’ cominciato intanto il conteggio dei morti, quattro, e dei feriti, 11, degli scontri scoppiati tra l’esercito ed il gruppo Jund al-Sham, che ha attaccato un posto di controllo militare, con l’evidente obiettivo di costringere le truppe di Beirut ad allentare la pressione sul campo di Nahar al-Bared, dove sono asserragliati i terroristi di Fatah al-Islam e dove oggi continuano gli scambi di colpi di armi da fuoco. Fatah al-Islam, secondo il quotidiano An Nahar, stava pianificando un attacco “stile 11 settembre” che avrebbe avuto per obiettivi hotel, ambasciate e il tunnel di Shekka, che collega Beirut a Tripoli, per isolare il nord del Paese e proclamarvi lo Stato islamico. L’attacco, confermato a L’Orient Le Jour da fonti della sicurezza, prevedeva l’esplosione di quattro auto-bomba in un grande albergo della capitale ed altre contro due ambasciate occidentali. Altre esplosioni nella periferia di Beirut e le vie di comunicazione avrebbero dovuto isolare il Nord.
Del conflitto che oppone esercito e terroristi ha parlato ieri anche il patriarca maronita Nasrallah Sfeir, nel corso della messa domenicale, dedicata al tema della difesa della vita. Il cardinale ha reso omaggio all’esercito “per gli enormi sforzi che dispiega per provocare il minimo di vittime e di distruzioni” nel corso degli scontri ed ha lanciato un monito, affermando che “il coordinamento rappresenta un dovere, in certe circostanze, fra tutte le forze che hanno il dovere di difendere la patria”. (PD)