La crisi mondiale non colpisce ancora l’export cinese, record a luglio
Surplus di 31,5 miliardi di dollari negli scambi commerciali con l’estero, record da 2 anni; apprezzamento dello yuan, un record da 17 anni. Ma si prevede che la crisi globale colpirà le esportazioni dei prossimi mesi. Pechino si dice pronta a cambiare le sue “priorità economiche”, ma chiede un controllo mondiale sui singoli Paesi.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – La Cina realizza un surplus negli scambi commerciali con l’estero di 31,5 miliardi di dollari a luglio, record da oltre 2 anni. Ma esperti ritengono “molto probabile” che l’export risenta, nei prossimi mesi, delle crisi di Usa, Europa e Giappone, maggiori mercati cinesi. Pechino è pronta a ripensare le sue priorità economiche e ad aiutare le economie in difficoltà, ma chiede un maggior controllo mondiale sulle politiche economiche dei singoli Paesi.
Le esportazioni sono state di 175,1 miliardi di dollari a luglio (+17,9% rispetto a giugno) rispetto a 143,6 miliardi di importazioni (pure in aumento del 19,3% da giugno). Il saldo attivo per la Cina era stato di 22,3 miliardi a giugno e di 28,7 miliardi a maggio.
Da settimane lo yuan si sta apprezzando sul dollaro, seppure in modo contenuto, e oggi ha raggiunto il cambio di 6,4120, massimo da 17 anni. Tuttavia gli esperti concordano che l’export diminuirà nei prossimi mesi, a seguito della crisi del debito pubblico che colpisce Stati Uniti ed Europa e per le permanenti difficoltà del Giappone dopo il terremoto e tsunami di alcuni mesi fa.
Il noto economista di Hong Kong Wang Tao ha ammonito, in modo sintetico, che “una più lenta crescita di Usa e Europa significa una più lenta crescita per le esportazioni cinesi”.
Le ditte manifatturiere cinesi temono che ci sia una flessione delle esportazioni proprio in questi mesi estivi, quando in genere aumentano perché arrivano gli ordini collegati al prossimo Natale, e aspettano settembre per stilare un bilancio.
Sotto altro aspetto, la stessa Federal Reserve Usa ha ammesso ieri che la crescita economica del Paese risulta molto inferiore alle previsioni. Commento che suggerisce che negli Usa l’inflazione rimarrà contenuta nel prossimo futuro. Questo potrebbe consentire a Washington iniziative di stimolo dell’economia, ma la situazione rimane incerta anche per i forti contrasti esistenti tra le diverse componenti politiche.
Anche per questo la Cina deve rivedere un modello di sviluppo finora fondata sulla previsione del continuo aumento delle esportazioni. Ieri il premier Wen Jiabao ha spiegato che Pechino deve ripensare le priorità economiche del Paese e trovare un equilibrio “tra l’inflazione, il mantenere la crescita economica e un riaggiustamento della struttura economica”.
Una grande incognita rimane la politica monetaria di Pechino, ovvero se consentirà un più robusto apprezzamento dello yuan, o se la sua fluttuazione rimarrà assai contenuta come in questi anni. Molti analisti ritengono che un apprezzamento consentirebbe di contenere l’inflazione interna, per la conseguente diminuzione dei prezzi delle merci importate, ma altri oppongono che questo colpirebbe l’export cinese.
Lu Zhengwei, capo economista della Industrial Bank cinese, esclude ogni possibilità in questo senso e dice che “non possiamo buttare benzina sul fuoco nei mercati globali”.
Comunque Pechino è favorevole a interventi comuni per affrontare le crisi nazionali e si dice pronta a sostenerli ma avverte che vuole un maggior dirigismo internazionale nelle politiche economiche dei singoli Stati. Ieri il Consiglio di Stato cinese ha detto che la Cina sostiene il gruppo dei G20 per stabilizzare il mercato, ma ha anche richiesto una maggiore coordinazione internazionale per i controlli macroeconomici, sulle situazioni dei singoli Paesi.
Le esportazioni sono state di 175,1 miliardi di dollari a luglio (+17,9% rispetto a giugno) rispetto a 143,6 miliardi di importazioni (pure in aumento del 19,3% da giugno). Il saldo attivo per la Cina era stato di 22,3 miliardi a giugno e di 28,7 miliardi a maggio.
Da settimane lo yuan si sta apprezzando sul dollaro, seppure in modo contenuto, e oggi ha raggiunto il cambio di 6,4120, massimo da 17 anni. Tuttavia gli esperti concordano che l’export diminuirà nei prossimi mesi, a seguito della crisi del debito pubblico che colpisce Stati Uniti ed Europa e per le permanenti difficoltà del Giappone dopo il terremoto e tsunami di alcuni mesi fa.
Il noto economista di Hong Kong Wang Tao ha ammonito, in modo sintetico, che “una più lenta crescita di Usa e Europa significa una più lenta crescita per le esportazioni cinesi”.
Le ditte manifatturiere cinesi temono che ci sia una flessione delle esportazioni proprio in questi mesi estivi, quando in genere aumentano perché arrivano gli ordini collegati al prossimo Natale, e aspettano settembre per stilare un bilancio.
Sotto altro aspetto, la stessa Federal Reserve Usa ha ammesso ieri che la crescita economica del Paese risulta molto inferiore alle previsioni. Commento che suggerisce che negli Usa l’inflazione rimarrà contenuta nel prossimo futuro. Questo potrebbe consentire a Washington iniziative di stimolo dell’economia, ma la situazione rimane incerta anche per i forti contrasti esistenti tra le diverse componenti politiche.
Anche per questo la Cina deve rivedere un modello di sviluppo finora fondata sulla previsione del continuo aumento delle esportazioni. Ieri il premier Wen Jiabao ha spiegato che Pechino deve ripensare le priorità economiche del Paese e trovare un equilibrio “tra l’inflazione, il mantenere la crescita economica e un riaggiustamento della struttura economica”.
Una grande incognita rimane la politica monetaria di Pechino, ovvero se consentirà un più robusto apprezzamento dello yuan, o se la sua fluttuazione rimarrà assai contenuta come in questi anni. Molti analisti ritengono che un apprezzamento consentirebbe di contenere l’inflazione interna, per la conseguente diminuzione dei prezzi delle merci importate, ma altri oppongono che questo colpirebbe l’export cinese.
Lu Zhengwei, capo economista della Industrial Bank cinese, esclude ogni possibilità in questo senso e dice che “non possiamo buttare benzina sul fuoco nei mercati globali”.
Comunque Pechino è favorevole a interventi comuni per affrontare le crisi nazionali e si dice pronta a sostenerli ma avverte che vuole un maggior dirigismo internazionale nelle politiche economiche dei singoli Stati. Ieri il Consiglio di Stato cinese ha detto che la Cina sostiene il gruppo dei G20 per stabilizzare il mercato, ma ha anche richiesto una maggiore coordinazione internazionale per i controlli macroeconomici, sulle situazioni dei singoli Paesi.
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