La comunità indù del Nepal contro il governo maoista
di Kalpit Parajuli
L’esecutivo guidato da Prachanda indice una processione nazionale per cercare di rappacificarsi con la popolazione. Proseguono le manifestazioni dopo la sostituzione forzata dei monaci del tempio indù di Pashupati. Agitazioni nella capitale dei fedeli al monarca destituito. Solidarietà dalla comunità buddista e dal Bjp indiano.
Kathmandu (AsiaNews) - Il governo maoista annuncia tre mesi di celebrazioni religiose nazionali nel tentativo di arginare i focolai di proteste nel Paese. L’inizio della yatra, questo il nome della processione tradizionale, è stato fissato per ieri e i diffonderà in tutto il Nepal. L’esecutivo guidato da Prachanda spera così di recuperare consensi dopo una serie di decisioni che la popolazione considera come indebite intromissioni del governo in questioni di ordine religioso.
La nomina di monaci nepalesi alla guida del tempio di Pashupati, insediatisi il primo dell’anno con l'aiuto della polizia, ha scatenato proteste e manifestazioni da parte dei religiosi destituiti dall’incarico e dai fedeli che hanno visto infrangere una tradizione secolare.
Centinaia di persone impiegate nel luogo di culto continuano a manifestare davanti al tempio chiedendo il ristabilimento del precedente capo, di origine indiana. Il governo ha istituito attorno all’area di Pashupati una “no protest zone”, ma i manifestanti proseguono nel loro intento.
La Corte suprema, a cui si erano rivolti i monaci, non riconosce al governo l’autorità per effettuare le nomina di responsabili religiosi. Il 6 gennaio il primo ministro ha dichiarato di voler rispettare la decisione della Corte. Ma nei giorni scorsi il neo nominato capo del Pashupatinath Area Development Trust aveva dichiarato che il governo non aveva nessuna intenzione di ritrattare la decisione.
I monaci di origine indiana, che sino alla fine del 2008 avevano prestato servizio presso il tempio dichiarano di essere stati costretti ad abbandonare il tempio. Uno di loro, interpellato da AsiaNews, afferma: “Abbiamo ricevuto forti pressioni e siamo stati accusati di aver gestito male i fondi del tempio. Nessuno dei monaci indiani è responsabile di qualunque forma di corruzione. Avendo ricevuto numerose minacce abbiamo scelto di dimetterci per la nostra incolumità”.
La World Hindu Federation ha organizzato martedì una protesta a cui ha invitato a partecipare tutti i fedeli indù e delle altre religioni presenti nel Paese. Da Damodar Gautam, presidente della federazione per il Nepal, afferma che “nel nome del cambiamento, si possono cambiare le leggi e le politiche, ma non la fede e la tradizione. Per questo chiediamo immediatamente al governo di ritirare la decisione. Se non sospenderà questi intervento in ambito religioso ci rivolgeremo alla comunità internazionale”
Solidarietà verso i monaci indù è giunta anche dalla comunità buddista tramite le parole del Lama Nigma Dorje, presidente del Gumba Management Committee.
Il Rastriaya Prajatantra Party Nepal, movimento indù legato al vecchio re destituito dai maoisti, ha iniziato agitazioni in tutto il Paese contro l’esecutivo maoista e la sua ingerenza negli affari religiosi. Una marcia anti-governativa è iniziata sempre martedì 6 dicembre dalla capitale.
Nel frattempo Lal Krishna Advani, il leader del partito nazionalista indù Bharatiya Janata Party (Bjp), si è detto “profondamente turbato” per la decisione del governo nepalese. In un suo comunicato il Bjp invita Kathmandu a ripestare i sentimenti e la tradizione religiosa del popolo e definisce l’azione dei maoisti come “maldestra e anti democratica”.
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