La clausura degli Angeli, cara ai musulmani di Karachi
di Qaiser Felix
Nel Paese in cui il 95% della popolazione è musulmana, dal 1959 esiste un convento di contemplative domenicane. La clausura ospita nove suore di cui sette pachistane. Le religiose raccontano: “Molti fedeli islamici confidano nelle nostre preghiere e inoltre sostengono il nostro monastero”.
Karachi (AsiaNews) - Esiste un solo convento di clausura in Pakistan. È il monastero degli Angeli di Karachi. Ospita nove suore domenicane: sette pachistane, una americana ed una srilankese. Dedicano la loro vita alla preghiera perpetua per i cristiani, ma non solo. Una di loro racconta ad AsiaNews: “Ad ogni ora del giorno c’è almeno una sorella presente nella cappella per la preghiera e l’adorazione perpetua del Santissimo. Le nostre preghiere non sono solo per i cristiani, ma per tutti senza alcuna distinzione. Persone di ogni credo vengono da noi a chiedere l’aiuto della nostra preghiera. Oltre ai cattolici vengono anche musulmani e protestanti. Molti ci scrivono lettere o telefonano, oppure mandano fax e mail per chiederci di pregare per loro”.
Il monastero degli Angeli è un luogo caro a molti musulmani. Raccontano le suore: “Molti fedeli islamici confidano nelle nostre preghiere e sono soliti venire da noi per chiederle oppure si servono di amici. Inoltre sostengono il nostro monastero. La nostra vita è dedicata alla preghiera e al sacrificio, per il Paese ed il mondo. Aiutiamo la società, la Chiesa ed il popolo nei loro bisogni e sofferenze attraverso la nostra preghiera. Noi non predichiamo, troviamo la soluzione ad ogni problema nella preghiera”.
La madre superiora del monastero e la sua assistente leggono i giornali per informarsi sulla situazione del mondo. “Comunicano alle altre sorelle le cose più importanti che sono successe come gli attentati, l’aumento dei prezzi o altri avvenimenti che sono motivo di bisogno o di sofferenza per la popolazione. Noi aggiungiamo questi fatti alle altre intenzioni di preghiera”.
Il monastero ha una casa di accoglienza dove singole persone, gruppi di religiosi o laici sono soliti andare per meditare e pregare. “Curiamo noi stesse l’accoglienza per i visitatori e cuciniamo anche per loro”. A separare le suore dal mondo esterno c’è sempre una grata. Le divide dagli ospiti che ricevono in visita, dal sacerdote che celebra per loro la messa, anche dai parenti che in giorni e tempi fissati vengono a trovarle
Parlando del ridotto numero di suore nel monastero le domenicane raccontano che molte famiglie vedono la vita monastica come una strada molto difficile e quindi sono solite scoraggiare le figlie che intendono intraprendere la via della comunità claustrale. A questo proposito padre Bonnie Mendes, anziano e stimato sacerdote cattolico della zona, spiega ad AsiaNews che “la vita di preghiera deve essere vista con gli occhi della fede per comprendere che le loro preghiere aiutano la Chiesa locale e la società”.
La vita quotidiana del convento è simile a quella delle altre clausure sparse nel mondo. Le suore sono solite fare pane, torte e dolci - padre Mendes ci tiene a dire che “sono di ottima qualità” - e producono particole e vino per le parrocchie. I "prodotti" vengono depositati in una piccola apertura da dove vengono prelevati da alcuni laici. Questi li consegnano ai fattorini per la distribuzione o li portano direttamente nelle parrocchie.
La storia della nascita del convento di Karachi inizia negli anni cinquanta. Fu il domenicano Francesco Benedetto Cialeo, missionario di origine avellinese divenuto poi vescovo di Faisalabad nel 1960, a cercare la strada per aprire un convento di clausura in Pakistan. Conobbe delle suore contemplative a Los Angeles e cercò di favorire il loro arrivo nel suo Paese d’adozione.
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