La Turchia davanti a un referendum cruciale per il suo futuro democratico
di NAT da Polis
Domenica il voto per un pacchetto di riforme costituzionali, che, se approvate, potrebbero smontare ciò che resta dello Stato voluto da Kemal Ataturk. La campagna elettorale è stata trasformata in un voto pro o contro il governo. I sondaggi danno una vittoria di misura del Sì. Le possibili conseguenze.
Istanbul (AsiaNews) - E’ arrivato forse il momento più cruciale del periodo della Turchia repubblicana con il quale si determinerà, forse, con il referendum di domenica prossima, se il Paese ai confini dell’ Europa è entrato nel periodo postkemalista seguendo come alternativa la via del cosiddetto neottomanesimo come il teorico di questa via, l’attuale ministro degli esteri Davutoglu, ha scritto nel suo voluminoso testo “Strategia in profondità”.
E vista l importanza del risultato in palio, i capi dei partiti politici turchi hanno attraversato per lungo e per largo tutto il Paese ed occupando giornalmente tutti i canali televisivi.
Il dibattito è stato caratterizzato da un linguaggio di basso populismo, come ha osservato una attenta osservatrice degli affari turchi Frago K, si è avuta, sempre secondo lei, la sensazione che si trattava di una campagna referendaria pro o contro il partito al governo AKP, parlando poco, di conseguenza, del pacchetto delle riforme costituzionali. Un pacchetto di 26 proposte che la Corte Suprema ha accettato di proporre al voto popolare, dopo il ricorso del partito di opposizione CHP, il quale aveva riposto le sue ultime speranze nell’eventuale rifiuto della Corte.
Tra le modifiche più importanti: il diritto alla privacy, il diritto allo sciopero, il tribunale dei diritti del cittadino, il ricorso individuale alla Corte costituzionale, la possibilità che i capi dell’esercito siano processati (sinora non era previsto) e chiaramente il cambio della composizione del Consiglio superiore della magistratura (che passerà dai 7 membri attuali ai 22) e della Corte suprema, che passerà dagli 11 attuali a 17, con un mandato di 12 anni, invece di quello a vita attuale), dando così un colpo all’ultimo baluardo dell’impianto kemalista.
Le argomentazione portate dai quattro partiti rappresentati al parlamento raramente sono state incentrate sulla sostanza delle modifiche proposte ed hanno avuto come idee centrali per l’AKP, il partito di Erdogan, il golpe del 12 settembre 1980 di cui l’attuale Costituzione è figlia, è stato deleterio come tutti i golpe militari, per cui ha invitato il Paese a votare per la propria democratizzazione. Al contrario i due partiti dell’ opposizione CHP e MHP hanno ritenuto giusti i golpe e hanno accusato il partito di Erdogan di mirare allo distruzione dello Stato laico, in combutta addirittura con i curdi del PKK, invitando così a votare No.
Il partito curdo BDP, malgrado secondo dichiarazioni dei propri quadri, la popolazione curda si sia espressa a favore del Sì, si è schierato per l’astensione, forse perché è stato influenzato dal sindaco di Diarbakir (il più grande comune curdo) Osman Baidemir, vicino a Ocalan, il quale ha dichiarato le proprie dimissioni nel caso della vittoria del Sì.
Le minoranze non mussulmane, cristiane armene ed ebraiche, a causa del miglioramento delle loro situazioni rispetto al passato e confidando alla buona volontà dell’attuale governo di proseguire sulla stessa strada, si sono espresse per il Sì.
Quanto ai sondaggi, il direttore dell’agenzia A&G, Adil Giur, il quale aveva centrato i risultati delle ultime elezioni in Turchia, prevede la vittoria del Sì con il 51%, ma aggiunge che l’eito dipenderà dall’affluenza al voto, per cui il voto curdo sarà molto importante
Un’altra agenzia, la GENAR, prevede la vittoria del Sì con il53% e un’affluenza del 90%.
Alla domanda che cosa accadrà il giorno dopo, Cengiz Cantar del giornale Radikal (che esprime la classe intellettuale turca) risponde che la nostra vita non sarà la stessa, chiunque vinca. Secondo Cantar, se prevale il No ci sarà una periodo di tensione sino alle prossime elezioni politiche (2011) e il partito AKP verrà accusato di aver perso la propria legittimità, con il rischio che riprendano coraggio alcune forze reazionarie, con il sostegno dei due partiti dell’opposizione, CHP e MHP, senza che ciò comporti che alle prossime elezioni Erdogan venga sconfitto. Nel caso di vittoria del Sì, sempre secondo Cantar, Erdogan dovrà dimostrare la sua sincerità di volere le riforme.
Insomma con il voto di domenica, si vedrà secondo Frago K, se la Turchia romperà con il proprio passato e se le riforme verso una democrazia veramente europea continueranno.
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La vittoria di Erdogan sui militari
17/08/2010
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