La Siria e il "no" alla Lega araba: è in gioco il panarabismo
di JPG
Il rinvio della visita del segretario della Lega araba chiesto dalla Siria può mettere in difficoltà il governo di Damasco nei confronti della "nazione" araba. Ipotizzabile un intervento di forze arabe nel Paese?
Damasco (AsiaNews) – Nella tarda serata di ieri, l'agenzia stampa statale Sana ha confermato le informazioni che venivano dal Cairo: "La Siria ha chiesto al segretario generale della Lega araba, Nabil al-Arabi, di rinviare la sua visita a Damasco, per ragioni obiettive di cui è stato informato". La Sana aggiungeva che "sarà prossimamente fissata una nuova data per la sua visita". Quella visita di al-Arabi era stata decisa in una riunione straordinaria dei ministri degli Esteri della Lega Araba, il 28 agosto scorso, assente il ministro siriano (rappresentato dal delegato permanente). Un comunicato, poi contestato e criticato dalla Siria e dal ministro libanese degli Esteri, aveva invitato la Siria a "porre fine allo spargimento di sangue" ed a "seguire la via della ragione prima che sia troppo tardi". Damasco aveva aspettato fino a domenica scorsa, 4 settembre, per accettare la visita. al-Arabi, che aveva allora dichiarato: "Non ho chiesto garanzie a Damasco; parlerò con franchezza per trasmettere le nostre preoccupazioni a proposito della situazione in Siria, ed ascolterò".
Secondo fonti diplomatiche della capitale egiziana, al-Arabi è latore di una "iniziativa" della Lega araba, in 13 punti, per risolvere la crisi siriana, chiedendo la fine immediata della repressione violenta contro le manifestazioni dell'opposizione per "evitare un conflitto interconfessionale" e "togliere il pretesto di un intervento straniero". Si chiede ugualmente al presidente Bashar al-Assad di "intraprendere contatti seri con i rappresentanti dell'opposizione", di "impegnarsi concretamente per una transizione verso un governo pluralista", e di separare le forze armate dalla vita politica". La Lega araba chiederebbe inoltre che ci siano, nel 2014, allo scadere del mandato attuale di Bashar Al-Assad, elezioni presidenziali "pluraliste, aperte a tutti i candidati eleggibili".
Questa iniziativa della Lega araba è molto importante e per l'attuale regime di Damasco rappresenta forse l'ultima opportunità di salvare la faccia, nel cui credo politico il panarabismo è centrale. Ma tranne il Libano – in quanto c'è un governo dominato da Hezbollah, con un'opinione pubblica divisa tra pro-siriani e partigiani del "Libano prima di tutto" – ormai tutti i Paesi arabi hanno preso posizione per chiedere a Damasco di porre fine alla repressione e di attuare urgenti riforme. Da campione della resistenza araba contro Israele, nell'opinione pubblica araba, dal 15 marzo in poi la Siria è passata al ruolo di regime accusato di violazione dei diritti umani.
L'emiro del Qatar, lo sceicco Hamad Ben Khalifa al-Thani, il quale era, fino all'inizio di quest'anno, un amico politico del presidente al-Assad, ma poi è stato il primo capo di Stato arabo a chiudere la sua ambasciata a Damasco, il 5 settembre scorso dichiarava: "In Siria le uccisioni sono quotidiane. Ma è chiaro che il popolo siriano non rinuncerà alle sue rivendicazioni. La questione è di sapere come uscire da questo blocco".
Nel testo dell'iniziativa della Lega araba, c'è da sottolineare l'espressione "intervento straniero". Nel vocabolario arabo del Medio Oriente, "straniero" vuol dire "non arabo". Difatti, c'è in Siria un notevole orgoglio patriottico che si rifiuta di accettare un intervento "straniero" (cioè, in pratica, "occidentale", che vuol dire americano/europeo), orgoglio che si ritrova sia nei partigiani del regime, sia nell'opposizione. Invece, un intervento arabo sarebbe - secondo alcuni - accettabile, nell'ambito del "nazionalismo arabo" che congloba tutti i Paesi arabi. Un altro particolare del vocabolario locale è che non si parla mai della "nazione" siriana, bensì della "patria" siriana, che fa parte della "nazione araba".
Secondo fonti diplomatiche della capitale egiziana, al-Arabi è latore di una "iniziativa" della Lega araba, in 13 punti, per risolvere la crisi siriana, chiedendo la fine immediata della repressione violenta contro le manifestazioni dell'opposizione per "evitare un conflitto interconfessionale" e "togliere il pretesto di un intervento straniero". Si chiede ugualmente al presidente Bashar al-Assad di "intraprendere contatti seri con i rappresentanti dell'opposizione", di "impegnarsi concretamente per una transizione verso un governo pluralista", e di separare le forze armate dalla vita politica". La Lega araba chiederebbe inoltre che ci siano, nel 2014, allo scadere del mandato attuale di Bashar Al-Assad, elezioni presidenziali "pluraliste, aperte a tutti i candidati eleggibili".
Questa iniziativa della Lega araba è molto importante e per l'attuale regime di Damasco rappresenta forse l'ultima opportunità di salvare la faccia, nel cui credo politico il panarabismo è centrale. Ma tranne il Libano – in quanto c'è un governo dominato da Hezbollah, con un'opinione pubblica divisa tra pro-siriani e partigiani del "Libano prima di tutto" – ormai tutti i Paesi arabi hanno preso posizione per chiedere a Damasco di porre fine alla repressione e di attuare urgenti riforme. Da campione della resistenza araba contro Israele, nell'opinione pubblica araba, dal 15 marzo in poi la Siria è passata al ruolo di regime accusato di violazione dei diritti umani.
L'emiro del Qatar, lo sceicco Hamad Ben Khalifa al-Thani, il quale era, fino all'inizio di quest'anno, un amico politico del presidente al-Assad, ma poi è stato il primo capo di Stato arabo a chiudere la sua ambasciata a Damasco, il 5 settembre scorso dichiarava: "In Siria le uccisioni sono quotidiane. Ma è chiaro che il popolo siriano non rinuncerà alle sue rivendicazioni. La questione è di sapere come uscire da questo blocco".
Nel testo dell'iniziativa della Lega araba, c'è da sottolineare l'espressione "intervento straniero". Nel vocabolario arabo del Medio Oriente, "straniero" vuol dire "non arabo". Difatti, c'è in Siria un notevole orgoglio patriottico che si rifiuta di accettare un intervento "straniero" (cioè, in pratica, "occidentale", che vuol dire americano/europeo), orgoglio che si ritrova sia nei partigiani del regime, sia nell'opposizione. Invece, un intervento arabo sarebbe - secondo alcuni - accettabile, nell'ambito del "nazionalismo arabo" che congloba tutti i Paesi arabi. Un altro particolare del vocabolario locale è che non si parla mai della "nazione" siriana, bensì della "patria" siriana, che fa parte della "nazione araba".
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