06/04/2022, 08.57
RUSSIA
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La Russia di Andrej Tarkovskij

di Vladimir Rozanskij

I 90 anni dalla nascita del regista-profeta. In epoca sovietica ha testimoniato con coraggio le sue intuizioni su Dio nella lingua dell’arte. Nei suoi film si possono trovare i motivi dell’invasione putiniana dell’Ucraina. Nella pellicola “Stalker” aveva profetizzato in qualche modo il disastro di Černobyl.

Mosca (AsiaNews) – Nella Russia sconvolta dalla sua guerra contro l’Ucraina e l’intero mondo occidentale, un mesto anniversario costringe a riflettere sugli aspetti più oscuri e contraddittori dell’anima del Paese al centro delle tensioni: i 90 anni dalla nascita del regista-profeta Andrej Tarkovskij, morto nel 1986 a 54 anni. Nei soli sette film da lui diretti, egli ha saputo illustrare molti misteri irrisolti della storia e della spiritualità di questo grande popolo.

Perfino il patriarca di Mosca Kirill (Gundjaev) ha inviato un messaggio in occasione delle manifestazioni in memoria del regista. Egli ha ricordato come il suo percorso creativo non sia stato affatto semplice: “La vita sotto il regime ateista imponeva non poche limitazioni alla libertà di espressione, eppure anche in tali difficoltà Tarkovskij ha trovato la possibilità di testimoniare con coraggio le sue intuizioni su Dio nella lingua dell’arte, parlando dei grandi ideali cristiani e condividendo la sensazione di essere continuamente inseriti nel disegno della Provvidenza divina”. Kirill fa riferimento principalmente al famoso film di Tarkovskij del 1966 “Andrej Rublev”, che ricostruiva la vita del grande iconografo del ‘400, riproponendo in piena epoca sovietica le fondamenta storiche della fede ortodossa russa.

Nel film si mostra l’immagine del Cristo sofferente che compie la sua Via Crucis nella neve, attraversando la terra russa e accompagnato dai volti del popolo russo, che Rublev ha saputo inserire perfino nelle austere icone di stile bizantino. Il patriarca ha insistito anche domenica scorsa, predicando ai soldati nella grandiosa cattedrale della Risurrezione, circa la “grande sofferenza” del popolo russo, “che nessun altro popolo europeo ha dovuto provare quanto noi”, anche per giustificare il dramma della guerra “difensiva”.

Tarkovskij non voleva certo appoggiare il totalitarismo sovietico, che anzi gli ha impedito di lavorare e lo ha costretto all’esilio, da lui vissuto in diversi Paesi tra cui l’Italia, dove ha realizzato un altro dei suoi capolavori: il film “Nostalgia”. In esso si tocca un altro tema particolarmente sensibile rispetto alle ultime vicende, in quanto proprio la nostalgia della grandezza perduta è stata una delle motivazioni dell’aggressione all’Ucraina. Nel film il regista parte dalle sensazioni autobiografiche, come in altri suoi film (su tutti “Lo Specchio” del 1974), per raccontare la contraddizione tra la bellezza dell’Italia rinascimentale, dove vive l’artista in esilio, e lo struggente desiderio di tornare alle sue origini.

Nel più mistico dei film di Tarkovskij, “Stalker”, la realtà è deformata da fattori naturali e soprannaturali: in una “Zona” devastata da precedenti eventi bellici, le normali leggi naturali sono sovvertite per causa ignote. Al suo interno vi è una stanza in cui perfino i militari che la sorvegliano non osano avventurarsi, dove pare si possano avverare i “desideri più intimi e segreti”. Due figure emblematiche, lo “Scrittore” e il “Professore” vi entrano superando tutte le insidie, guidati dallo “Stalker”, la guida illegale del territorio. Uno dei viaggiatori vorrebbe distruggere la Zona con un’arma nucleare, ma alla fine rinuncia, e alla fine l’unico esito è la riscoperta di sé stessi da parte dei pellegrini.

Come osserva il critico Andrej Plakhov su “Kommersant”, “tutto il cinema di Tarkovskij oscilla continuamente tra la “russicità” e la “universalità”, tra il senso del passato e la visione del futuro. In “Stalker” egli profetizzava in qualche modo la tragedia di Černobyl che oggi si rinnova, tra la catastrofe dell’esplosione e le guerre distruttive; nel “Sacrificio”, girato a Stoccolma, la drammatica morte del protagonista avviene nel luogo dove in seguito è stato assassinato il primo ministro svedese Olof Palme, un politico messaggero di pace”.

La memoria del grande regista russo non può da sola fermare le guerre e le tragedie della Russia e dei suoi istinti distruttivi, ma ricorda a tutti che esiste una “Zona” più intima nell’anima dei popoli, dove si può cercare la via per la riconciliazione tra di essi.

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