26/07/2004, 00.00
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"La Passione": visione permessa solo ai cristiani e in privato

Il vescovo di Johor critica la restrizione: "Il film può essere utile al dialogo religioso"

Johor Baru (AsiaNews) – "La Passione", il film di Gibson, che ha conquistato tanto mondo arabo, potrà essere visto anche in Malaysia, ma solo "dai cristiani". Mesi fa cattolici e protestanti del paese erano preoccupati che il comitato per la censura ne bloccasse l'uscita. Un intervento del primo Ministro Datuk Seri Abdullah Ahmad Badawi ha permesso lo sdoganamento della pellicola, ma "per soli cristiani", "in determinate sale" e senza alcuna pubblicità.

Su una popolazione di 25 milioni di malaysiani, circa 2/3 sono musulmani. Il resto sono cinesi e indiani; i cristiani sono circa il 9%; i cattolici oltre il 3%. L'Islam proibisce la rappresentazione di figure sacre, come è Gesù, riconosciuto come profeta, ma non come Figlio di Dio, né come crocefisso. Proprio per questo, nel '98, è stata proibita la visione de "Il principe d'Egitto", il cartone animato sulla vita di Mosè, anch'egli profeta dell'Islam. Dati questi precedenti, le chiese protestanti sono state felici che vi sia almeno la proiezione per i cristiani.

Mons. Paul Tan Chee Ing, vescovo gesuita di Melaka - Johor, in una dichiarazione all'Herald di Kuala Lumpur, ha elogiato la decisione del Primo ministro, ma si è detto insoddisfatto per la limitazione confessionale: "Sono perplesso e contrariato dalla decisione", ha detto. "Se il governo malese è onesto e serio nel promuovere la tolleranza razziale e religiosa fra i suoi cittadini, deve adottare un approccio più aperto alle fedi, ai valori e alle culture degli uomini di buona volontà".

"Non dobbiamo esagerare le nostre differenze  in modo negativo – egli ha aggiunto . Dobbiamo sottolineare invece le nostre somiglianze. Il film The Passion of the Christ può essere un ottimo trampolino di lancio per il dialogo interreligioso e per far maturare la comprensione e l'accettazione gli uni degli altri". Mons. Tan ha chiesto al Primo ministro di rivedere la restrizione "per soli cristiani": "essa – egli ha spiegato – metterebbe la Malaysia in cattiva luce, in un mondo così vibrante e globalizzato che cerca sempre più punti in comune in modo positivo".

La Passione ha scaldato gli animi anche in Parlamento. Teresa Kok,  deputato del Partito di Azione democratica si è detta "stupita e amareggiata" per le restrizioni confessionali date dalla visione del film: "Significa forse che il governo varerà la pratica per cui i film riguardanti l'Islam dovranno essere visti solo dai musulmani? E i film sul buddismo e sul Buddha? Solo dai buddisti? E quelli riguardo l'induismo solo agli indù?".

La Kok fa notare che in passato film su personaggi religiosi erano stati distribuiti liberamente in Malaysia. La lista comprende "Piccolo Buddha", "Sette anni in Tibet", e negli anni '70 il "Gesù di Nazareth".

La Kok ha bollato come "retrograda" la decisione del governo e ha chiesto che il film venga distribuito in tutte le sale del paese e che questo criterio venga attuato per ogni film riguardante una personalità religiosa come il Buddha o il profeta Muhammad. "Il popolo della Malaysia – ha concluso – dovrebbe essere libero di guardare e scegliere qualunque film".

Anche nel mondo musulmano la restrizione è vista male. Rose Ismail un'opinionista del New Strait Times,  ha ipotizzato che la decisione dipende dal clero islamico, timoroso che la visione della Passione potrebbe spingere i musulmani a convertirsi al cristianesimo. "Il veto suppone che la devozione all'Islam dei musulmani malaysiani sia fragile e superficiale e che siamo facilmente sedotti da altre religioni".

In paesi con forte presenza islamica il film ha battuto ogni record: in Egitto, Qatar, Siria, Libano, Giordania Emirati Arabi, Iran. Il Bahrein lo ha invece proibito. In Indonesia la censura ha permesso la visione a tutti, pur tagliando alcune scene ritenute troppo violente.

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