La Lettera del Papa alla Cina, chiave delle aperture nordcoreane
Il testo, inviato dalla Santa Sede alla Chiesa di Cina, è stato studiato anche da Pyongyang ed Hanoi, che iniziano oggi uno storico incontro bilaterale. Secondo uno dei massimi esperti sulla Corea del Nord, si apre una nuova fase di confronto in cui Pyongyang, colpita dalle parole del Papa, potrebbe rinunciare alle minacce per aprirsi al dialogo.
Seoul (AsiaNews) – La Lettera del Papa alla Chiesa di Cina “è la molla che ha convinto il regime nordcoreano ad aprirsi al mondo”; Pyongyang, infatti, “ha assorbito l’esperienza cinese ed ha capito che può cercare accordi internazionali economici, ma anche di libertà religiosa, senza perdere la propria faccia”. Ne è convinto p. Gerald Hammond, missionario Maryknoll in Corea, uno dei pochissimi occidentali ad entrare con regolarità nella parte nord della penisola asiatica.
Secondo p. Hammond, rientra in questa ottica anche la visita del segretario del Partito comunista vietnamita a Pyongyang, la prima dopo 50 anni, iniziata questa mattina: “La Corea del Nord - dice ad AsiaNews - è un partner ideologico di Hanoi da molto tempo, ma questa amicizia non si è mai tradotta in fatti. Ora, la visita del segretario Nong Duc Manh dimostra che qualcosa sta cambiando”.
Il missionario sottolinea come “questo viaggio non verterà soltanto su questioni commerciali: i due regimi hanno sentito l’influenza della magnifica Lettera di Benedetto XVI a Pechino e hanno intenzione di confrontarsi su temi internazionali e di libertà religiosa. La situazione della Chiesa nei tre Paesi è certamente differente, ma il rapporto fra Vietnam e Vaticano verrà sicuramente presa in esame dai comunisti coreani”.
Rientrano in questa analisi anche “le recenti, incredibili mosse di politica estera nordcoreana: non soltanto le concessioni agli Stati Uniti, ma anche e soprattutto i rinnovati rapporti con gli altri Stati asiatici, prima fra tutti la Corea del Sud. Pyongyang sa che deve la sua sopravvivenza, in questa fase storica, all’aiuto della comunità internazionale. Colpita dalle parole del Papa, sembra aver capito che può ottenere questo sostegno con la diplomazia, e non con le minacce”.
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