La Fifa apre un’inchiesta sulla sorte dei calciatori nordcoreani
La Federazione, che non ha un trascorso brillante nel campo della difesa dei diritti umani, ha scritto all’Associazione calciatori della Corea del Nord per capire che fine abbiano fatto. Secondo alcune fonti, alcuni di loro sono stati condannati ai lavori forzati per l’umiliante sconfitta con il Portogallo.
Seoul (AsiaNews/Agenzie) – La Fifa (Federazione internazionale delle associazioni calcistiche) ha annunciato oggi di aver aperto un’inchiesta sulla sorte della Nazionale di calcio nordcoreana, che secondo alcune fonti è stata punita pubblicamente dopo l’umiliante sconfitta ai Campionati mondiali del Sud Africa.
Il presidente della Federazione, Blatter, ha dichiarato di aver inviato una lettera all’Associazione calciatori della Corea del Nord per avere informazioni sull’umiliazione pubblica subita dalla squadra dopo il ritorno dal Mondiale e sulla presunta condanna ai lavori forzati per l’allenatore, Kim Jong-hun.
Secondo una fonte di Radio Free Asia, che ha denunciato l’avvenuto, la reprimenda è avvenuta lo scorso 2 luglio nel Palazzo della cultura del Popolo di Pyongyang, tre giorni dopo il ritorno a casa dei calciatori dal Sud Africa. I due calciatori di origine giapponese della squadra, Jong Tae-se e An Yong-hak, sono stati esentati: sembra che entrambi siano tornati direttamente in Giappone. Fra il pubblico c’era anche il vice Segretario del Partito dei lavoratori, e ministro dello Sport, Pak Myong-chol.
La squadra, ferma su un palco, è stata messa sotto processo dal commentatore sportivo Ri Dong-kyu, della televisione di Stato che ne ha sottolineato tutti gli errori. In maniera particolare, il 7 a 0 subito dal Portogallo: la nazionale lusitana aveva eliminato la Corea del Nord anche nell’ultimo Mondiale a cui questa aveva partecipato, quello del 1966. Subito dopo, i calciatori hanno criticato il loro allenatore Kim. Questi sarebbe stato espulso dal Partito e mandato a lavorare in un cantiere.
Per Sepp Blatter, che ha annunciato l’iniziativa a Singapore, “il primo passo è quello di agire tramite la Federazione. Vedremo che risposta ci daranno e poi andremo avanti”. Mohamed bin Hammam, capo della Confederazione calcistica dell’Asia, ha aggiunto di aver incontrato diversi giocatori del Nord lo scorso mese. Tuttavia, l’allenatore Kim non era presente.
L’iniziativa, per quanto lodevole, rischia di finire in nulla. La Fifa, da anni, ha infatti una tradizione abbastanza oscura per quanto riguarda la tutela dei diritti umani. Nonostante le richieste di diverse Organizzazioni non governative, infatti, non ha mai agito per preservare gli atleti “a rischio” di Nazionali come l’Iran, il Sudan e appunto la Corea del Nord.
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