La Corte Suprema revoca l’ordine di aborto per una 19enne orfana e disabile mentale
Violentata da due operatori della casa di accoglienze governativa in cui era ospitata, la giovane è alla 20ma settimana di attesa. Il tribunale del Punjab aveva ordinato l’interruzione di gravidanza perché la ragazza non poteva accudire il figlio e lo avrebbe considerato un “giocattolo”. La 19enne chiedeva di poter partorire.
Mumbai (AsiaNews) - Può proseguire la gravidanza la ragazza 19enne, orfana e disabile mentale, rimasta incinta dopo essere stata violentata nel centro di accoglienza governativo, Nari Niketan, nella città di Chandigarh. L’Alta corte degli Stati indiani di Punjab e Haryana aveva deciso una “tempestiva e immediata” interruzione di gravidanza, ma la Corte suprema dell’India oggi ha confutato il verdetto accogliendo il desiderio della ragazza che vuole partorire.
Il 17 luglio il tribunale aveva ordinato l’aborto affermando che la ragazza “non aveva capacità intellettuali, sociali, personali, finanziarie e familiari per allevare un bambino” e avrebbe considerato il figlio un “giocattolo”. Per i giudici “la crescita e l’educazione del bambino avrebbe dovuto essere a carico di strutture governative” senza garanzie sul suo futuro.
La Corte suprema sembrava non voler interferire nella decisione del tribunale del Punjab, ma ha cambiato idea dopo l’intervento del legale rappresentante della ragazza, Tanu Bedi. L’avvocato ha ricordato che la maternità è un diritto e che la ragazza è alla 20 settimana di gravidanza in cui l’aborto comporta gravi danni fisici e mentali. Riferendosi alla supposta impossibilità ad accudire il figlio, ha detto: “Se la sua età mentale [secondo gli esperti ha un QI di 9 anni, ndr] è sufficiente per affermare che essa non può prendersi cura del bambino, perché alle donne povere, che non hanno sostanze per fra crescere i loro figli, dovrebbe essere permessa la maternità?”.
Interpellato da AsiaNews, mons. Agnelo Gracias, presidente della Commissione per la famiglia della Conferenza episcopale indiana, riconosce la complessità del caso, ma sottolinea che il giudizio espresso dalla Corte del Punjab sottovalutava troppi elementi. Per il vescovo era sommario il giudizio secondo cui “la ragazza consideri il bambino un giocattolo” e critica la facilità con cui è stato ignorato il suo desiderio di portare a termine la gravidanza. Egli ricorda che “il bambino è innocente” e chiede: “Anche se fosse vero quello che diceva il giudice sulla incapacità della ragazza di accudirlo, l’aborto era l’unica soluzione?”. Il vescovo sottolinea che il piccolo non deve per forza finire in carico al centro di accoglienza governativo, dove per altro la ragazza ha subito le violenze da due operatori. “Ci sono individui e istituzioni come le case di Madre Teresa, - ricorda mons. Gracias - in cui il bambino può ricevere le cure e crescere circondato da amore”.
Per Pascoal Carvalho, medico indiano e membro della Pontifica accademia della vita, “si compiono gravi violazioni della libertà dell’individuo sotto l’eufemismo della dignità umana”. Carvalho sottolinea i risvolti paradossali della vicenda in cui “la Corte del Punjab , invece di riconoscere che questa ragazza, disabile mentale, non era protetta e curata nella casa di accoglienza governativa, aveva ordinato l’interruzione di gravidanza”. Secondo il membro dell’organismo pontificio si è assistito ad un’escalation di violenza contro chi è più debole: “Lo stupro di una donna è un crimine ignominioso, ancor più tremendo è l’abuso di una disabile mentale, ma peggio ancora è l’attacco alla vita indifesa di un bambino”. (NC)
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