10/10/2007, 00.00
INDIA
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La Corte Suprema conferma l'ergastolo per l'assassino di due missionari

Dara Singh, - l’estremista indù colpevole dell’omicidio di p. Arul Doss, del missionario cristiano Graham Staines e dei suoi due figli – aveva chiesto prima la grazia e poi il rilascio su cauzione. Negati entrambi, sconterà l’intera pena.
Delhi (AsiaNews) – La Corte Suprema dell’Unione indiana ha negato ieri il rilascio su cauzione a Dara Singh, estremista indù colpevole dell’omicidio di p. Arul Doss, del missionario cristiano Graham Staines e dei suoi due figli. Singh dovrà dunque scontare l’ergastolo a cui è stato condannato lo scorso 22 settembre dall’Alta Corte dell’Orissa.
 
I giudici dello Stato orientale hanno giudicato Singh colpevole dell’omicidio di p. Arul Doss, sacerdote della Chiesa di Anandpur, assassinato mentre guardava uno spettacolo nel distretto di Mayurbhanj il primo settembre del 1999. La Corte ha riconosciuto la “brutalità” del gesto: Dara Singh, insieme a 10 complici, ha infatti ucciso il sacerdote lanciandogli contro delle frecce, e ha poi bruciato la sua chiesa.
 
Singh, il cui vero nome è Rabindra Kumal Pal, era già stato condannato a morte il 22 settembre 2003 dalla Corte provinciale dell'Orissa per l’omicidio di un missionario cristiano. Nella sentenza, l'uomo viene giudicato colpevole di aver guidato l'attacco nel distretto di Keonjhar che, il 23 gennaio 1999, aveva portato alla morte del missionario australiano Graham Staines, bruciato vivo insieme ai suoi figli di 7 e 9 anni mentre dormiva in una macchina. La Corte aveva anche imprigionato 12 uomini definiti suoi complici.
 
L'Alta Corte dello Stato orientale ha commutato il 19 maggio del 2005 la sentenza di Singh in ergastolo ed ha rilasciato 11 degli altri accusati. Il 19 ottobre del 2005, la Corte Suprema dello Stato ha inoltre accettato il ricorso di Singh, che chiede una riduzione della pena. In un secondo momento, l’uomo – che vanta appoggi nella comunità nazionalista indù – ha  poi chiesto la grazia “per curare l’anziana madre malata”. La sentenza di ieri conclude il suo iter giudiziario, che non prevede più gradi di giudizio.
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