La Cina vuole risolvere le proteste con arresti e violenze
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Un capillare controllo della polizia ha fermato oggi migliaia di persone desiderose di presentare petizioni contro ingiustizie, in occasione del primo giorno dell’annuale sessione dell’Assemblea nazionale del popolo, a Pechino. Nel discorso inaugurale il premier Wen Jiabao ha ripetuto l’impegno di garantire la stabilità sociale anche con “una attiva prevenzione e una corretta gestione di ogni tipo di incidente di massa”. Ma intanto la polizia minaccia e arresta chi protesta e in varie parti del Paese scoppiano guerriglie urbane tra forze dell’ordine e popolazione infuriata.
Nel suo discorso Wen ha insistito molto che sarà dedicata “la massima attenzione per assicurare alla gente il benessere e promuovere l’armonia sociale e la stabilità”.
Ma il gruppo per la tutela dei diritti Civil Rights and Livelihood Watch (Crlw) racconta numerosi casi di gente partita da ogni parte del Paese per presentare a Pechino petizioni contro ingiustizie, che la polizia ha fermato e spesso arrestato.
Tale Tian Xue di Shenyang (Liaoning) racconta a Crlw che la polizia pattuglia in forza stazioni e treni e di 20 persone partite solo 3 hanno raggiunto la capitale.
Radio Free Asia riferisce numerosi casi di persone costrette dalla polizia a frequentare “gruppi di studio di diritto”, vere detenzioni coatte di alcuni giorni. Feng Shouling della contea di Pei (Jiangsu) è stata costretta a frequentare un gruppo di studio e poi è stata arrestata due giorni a febbraio per “tradimento”, avendolo raccontato alla stampa estera. Tale Xu, sempre della contea di Pei, è stato “detenuto” per 10 giorni in un gruppo di studio, solo “per impedire di presentare altre petizioni”.
L’avvocato Teng Biao di Pechino spiega che si tratta di “una carcerazione mascherata. Alcuni autori di petizioni mi hanno raccontato che in questi ‘gruppi di studio’ le condizioni di vita sono davvero misere. Non possono muoversi con libertà né chiamare all’esterno. Qualcuno è stato anche torturato”.
In Cina è tradizione recarsi a Pechino in occasione dei principali consessi politici, per presentare petizioni nella speranza di ottenere giustizia, in mancanza di altri modi per tutelare i propri diritti. Ma da anni il governo agisce per impedirlo: nel settembre 2007 le autorità di Pechino hanno persino demolito le abitazioni di un quartiere periferico che ospitavano le migliaia di persone che ogni anno vengono per presentare petizioni al governo centrale.
Quasi in risposta, crescono le proteste di massa e la repressione. Nel villaggio Liulan a Guiping (Guangxi), dove il 24 febbraio c’è stata guerriglia urbana tra 1.000 poliziotti e migliaia di cittadini furenti per i bassi indennizzi offerti dal cementificio statale China Resources Cement per i loro terreni espropriati. L’Information Centre for Human Rigths and Democracy (Chrd) di Hong Kong denuncia che la polizia ha poi fatto una caccia all’uomo di chi voleva andare all’Anp per fare petizioni e ha portato via almeno 300 persone.
Scontri anche per lo scandalo del latte alla melamina. Oggi la polizia ha impedito fisicamente e con la minaccia a Zhao Lianhai e ad altri parenti di bambini malati, o morti, di recarsi alla Corte di Shijiazhuang (Hebei) per la domanda di risarcimento contro la ditta Sanlu, responsabile per il latte adulterato (nella foto: protesta di genitori).
Scontri, infine, per la Diga delle Tre Gole sul Fiume Yangtze. Il Chrd denuncia che dal 28 febbraio a Jiangnan (Chongqing) oltre 2mila persone hanno protestato in piazza accusando di corruzione il governo municipale perché, dopo anni che sono stati espropriati di case e terreni per costruire la Diga, ancora non hanno ricevuto indennizzi adeguati per pagare almeno un’altra abitazione. La polizia li ha caricati, arrestando oltre 30 dimostranti e ferendone decine. Le proteste sono proseguite ancora oggi, con blocchi stradali e scontri con la polizia.