08/04/2025, 15.55
MYANMAR
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La Cina costringe le milizie etniche a lasciare la città di Lashio

Su pressione di Pechino, i ribelli lasciano la capitale dello Stato Shan, nel nord del Myanmar, anche se resteranno attorno alla città. Intanto gli scontri continuano nel resto del Paese: altri gruppi ribelli hanno ottenuto alcune vittorie tra ieri e oggi. Nel frattempo, citando il terremoto, il regime sospende anche i visti turistici.

Yangon (AsiaNews) – Su pressione della Cina, l’Alleanza nazionale democratica del Myanmar (MNDAA) ha accettato di ritirarsi da Lashio, capitale dello Stato Shan e roccaforte strategica del regime militare, e che in parte sarà controllata anche da Pechino. Tuttavia, le truppe dell’etnia etnica che dal 2021 combatte in chiave anti-golpe contro l’esercito birmano, resteranno di stanza attorno alla città e alle principali basi della giunta, mantenendo di fatto il controllo dei movimenti militari nell’area.

“Non è permesso al regime sparare nemmeno un colpo d’artiglieria in città”, ha commentato una fonte a The Irrawaddy. “Qualora ciò accadesse, l’MNDAA tornerebbe subito” in città, che era stata riconquistata grazie a un’offensiva congiunta delle milizie etniche ad agosto dello scorso anno. Lashio ospitava il Comando nord-orientale della giunta golpista e la sua conquista da parte delle forze ribelli aveva per la prima volta messo in evidenza le difficoltà dell’esercito contro l’avanzata dei gruppi armati della resistenza.

In seguito al terremoto che ha colpito il Myanmar il 28 marzo, il controllo della giunta si sta facendo sempre più capillare: nei giorni scorsi il ministero dell’Immigrazione e della Popolazione del Myanmar, dopo aver vietato l’ingresso ai media stranieri, ha sospeso anche tutti i visti per i turisti, citando come causa principale il terremoto: “Ci scusiamo per i disagi che ciò può causare e apprezziamo la vostra comprensione in questo periodo. Un ulteriore annuncio sarà fatto alla ripresa del servizio”. Anche che le squadre di soccorso straniere non possono operare autonomamente in Myanmar, ma hanno bisogno di un'autorizzazione preventiva, che sarà concessa solo se collaboreranno con le autorità, avevano fatto sapere i funzionari militari la settimana scorsa. 

A Lashio, un comandante dell’MNDAA resterà a gestire il comitato amministrativo locale, in base a quanto previsto dagli accordi, mediati da Pechino, che prevedono anche che un rappresentante cinese resti a monitorare la situazione. Anche l’ospedale pubblico della città sarà gestito congiuntamente dal governo cinese e dall’United Wa State Army (UWSA), un’organizzazione armata vicina a Pechino. Intanto l’MNDAA ha riferito di aver trasferito attrezzature mediche dall’ospedale di Lashio alla struttura di Hsenwi, sotto il proprio controllo.

La Cina è interessata al controllo della città perché è uno snodo fondamentale dei commerci con il Myanmar e per fare pressione sull’MNDAA, aveva minacciato di chiudere tutti i valichi di frontiera, da cui dipende anche parte della popolazione locale. Mentre lo Stato birmano sta andando incontro a una crescente frammentazione, dove ogni regione riconquistata è amministrata da una milizia etnica diversa, Pechino ha interesse a stabilizzare solo le aree al confine fondamentali per garantire i commerci e lo sviluppo di progetti infrastrutturali.

Tra i residenti di Lashio crescono i timori di rappresaglie nei confronti di chi ha collaborato con l’amministrazione dell’MNDAA o ha aderito al Movimento di disobbedienza civile, il movimento di protesta nato dopo il colpo di Stato militare del 2021. Altri temono di essere reclutati con la forza da parte dell’esercito, che nei mesi scorsi ha imposto la circoscrizione obbligatoria per accrescere le proprie truppe, provate da oltre quattro anni di guerra civile. Le voci sul ritiro forzato dell’MNDAA avevano scatenato il mese scorso una “protesta silenziosa” contro Pechino, sostiene ancora The Irrawaddy.

Nel frattempo le milizie etniche hanno registrato nuove vittorie anche nello Stato Chin: ieri la Fratellanza Chin, che comprende diversi gruppi armati, ha preso il pieno controllo della città di Falam, dopo un assedio durato cinque mesi. Secondo fonti locali, le forze ribelli sono impegnate nella bonifica della città, mentre i droni e gli aerei da ricognizione della giunta continuano a sorvolare l’area.

Anche Falam rappresenta un nodo strategico fondamentale: si trova lungo la via di collegamento terrestre tra il comando operativo regionale della giunta a Kale (nella regione di Sagaing) e quello di Hakha, capitale dello Stato Chin. “La sua caduta isola di fatto il presidio militare di Kale, tagliandolo fuori da Hakha”, ha spiegato Zin Yaw, ex ufficiale dell’esercito.

L’Esercito per l’indipendenza Kachin, invece, oggi ha conquistato la città di Indaw, nel nord della regione di Sagaing (una delle aree più colpite dal terremoto dei giorni scorsi), al confine con lo Stato Kachin, dopo quasi nove mesi di combattimenti. "I jet da combattimento della giunta bombardavano senza sosta, quindi abbiamo fatto ricorso a un raid notturno per impadronirci della base. Hanno subito perdite significative e noi abbiamo catturato un grosso carico di armi e munizioni", ha affermato un combattente ribelle ai media locali.

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