La Cina annuncia che promuoverà lo sviluppo economico delle regioni occidentali
Promessi grandiosi progetti di infrastrutture per oltre 100 miliardi di dollari. Esperti: se Pechino replica il modello dell’est, troverà analoghi problemi per inquinamento, sfruttamento, proteste sociali.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Pechino ha annunciato, all’inizio di luglio, nuovi investimenti per 100 miliardi di dollari in 23 progetti di infrastrutture “per promuovere il rapido e sano sviluppo delle aree occidentali”, rimaste arretrate rispetto alle ricche regioni costiere orientali. Esperti discutono su quale modello di sviluppo sarà perseguito.
Il divario tra le due parti del Paese ha anche ragioni storiche recenti: nel 1978 il leader Deng Xiaoping aprì la Cina allo sviluppo industriale e al commercio favorendo soprattutto le zone costiere con strade, ferrovie, centrali di energia e idroelettriche. Le regioni occidentali costituiscono il 71% del territorio, ma ospitano solo il 28% della popolazione. Sono ricche di energia e di minerali pregiati, essenziali per lo sviluppo del Paese.
Ora Pechino dice di voler realizzare anche in occidente strade, ferrovie, aeroporti, miniere di carbone, centrali di energia e pensa così di attirare investimenti esteri, aumentare l’istruzione professionale e favorire il ritorno a casa dei migranti che ora devono cercare lavoro nelle città costiere. La Commissione per lo sviluppo nazionale e la riforma (Csnr) ha spiegato che i progetti saranno sviluppati anzitutto in Tibet, Xinjiang e Mongolia Interna, ma anche in Yunnan e Sichuan. Ci saranno esenzioni fiscali per i progetti riguardanti carbone, petrolio e gas.
Du Ying, vicepresidente della Csnr, ha comunque sottolineato, comparendo in televisione per illustrare il progetto, che all’ovest è già in atto una robusta crescita, pari nell’ultimo anno all’11,9%. Egli ha aggiunto che, negli ultimi 10 anni, la capacità delle ferrovie è cresciuta del 160%, quella delle autostrade del 280%, la capacità energetica del 550%. Gli investimenti fissi sono giunti a 3.600 miliardi di yuan (circa 360 miliardi di euro). Anche se il Prodotto interno lordo pro capite è salito nelle regioni occidentali a 1.933 dollari annui nel 2008, è appena il 41,9% rispetto all’est e contribuisce solo per il 17,8% al Pil nazionale.
Il governo spera anche, tramite un miglior benessere economico, di contenere le spinte autonomiste e le proteste di zone come Xinjiang e Tibet, anche continuando a favorire la massiccia immigrazione di etnici han, che spesso sono favoriti nei posti di potere.
Esperti osservano che, tuttavia, Pechino appare volere replicare il modello di sviluppo attuato a est, che ha portato prosperità ma anche gravissimi problemi sociali e ambientali, con decine di milioni di migranti nelle grandi città costretti a vivere come cittadini di serie B, un diffuso inquinamento di acqua e aria, l’avvelenamento del suolo, la desertificazione di intere aree. Soprattutto, la Cina non appare avere alcun progetto per risolvere le tensioni etniche e appare pensare che lo sviluppo economico eliminerà quest’altro tipo di problemi.
Al contrario, studiosi spiegano che, in Tibet come in Xinjiang, lo sviluppo ha beneficiato solo ristretti settori della popolazione, soprattutto etnici Han, aumentando il divario e i contrasti con le etnie locali.
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