La Chiesa vietnamita si interroga su come rilanciare la sua missione
di J.B. An Dang
Ci si chiede come contrastare i diversi fattori, dall’ostilità del governo alla indifferenza dei laici di fronte al tema della evangelizzazione, che hanno portato alla diminuzione, negli ultimi 50 anni, della percenuale dei cattolici tra la popolazione.
Ho Chi Minh City (AsiaNews) - Incapacità di testimoniare nella vita di tutti i giorni il verso significato dell’essere cattolici, una pigra convinzione che l’evangelizzazione sia, alla fine, compito solo dei sacerdoti, l’ostilità, quando non la persecuzione delle autorità, che spesso si traduce in varie forme di discriminazione stanno facendo rallentare la spinta missionaria della Chiesa vietnamita e, con ciò, la percentuale del numero dei cattolici nel Paese. E’ l’analisi emersa da un convegno oorganizzato tempo addietro dal’arcidiocesi di Saigon, proprio per esaminare le cause del rallentamento della crescita dei cattolici.
Da decenni, infatti, la crescita del numero dei cattolici – che pure continua – è inferiore, in percentuale a quello dell’aumento della popolazione. “Le ultime statistiche ufficiali – dice padre Anthony Nguyen Ngoc Son, uno dei relatori principali dell’incontro – mostrano che nel 2007 il numero dei cattolici era di 6.087.700 su 85.154.900 vietnamiti, il che rappresenta il 7,15% della popolazione. Ma i cattolici registrati erano il 7,2% nel 1933 e il 7,5% nel 1939”.
E’ allarmante, inoltre, il fatto che mentre la percentuale dei cattolici è diminuita negli ultmi 50 anni, è aumentata quella delle altre deominazioni cristiane. Nel 1999 contavano 400mila membri, nel 2008, secondo l’ultimo rapporto, sono un milione e mezzo. E questo, secondo padre Anthony Nguyen, “è un chiaro evidenziatore della inefficacia della missione della Chiesa negli ultimi 50 anni”.
Il convegno ha evidenziato l’allarmante numero di coloro che, battezzati da adulti, non proseguono poi in una vita di fede. Negli ultimi sette anni ci sono stati circa 35mila adulti che hanno ricevuto il battesimo, nell’80/90% dei casi attraverso il matrimonio. Purtoppo però, il numero di questi convertiti che rimane attivo nella pratica religiosa è in calo pauroso, soprattutto per i problemi che si trovno a dover affrontare dopo aver ricevuto il battesimo, come la perdita di privilegi e di promozioni in alcuni lavori o la sottile discriminazione cui vengono sottoposti dal governo ateo.
A questo va aggiunto l’atteggiamento di indifferenza pratica che molti hanno assunto nei confronti degli sforzi missionari. Molti sono convinti che l’evangelizzazione sia questione che riguarda i oreti e non i laici. Molti cattolici, poi, nello loro vita non appaiono testimoni di Cristo e il loro comportamento non fa una buona impressione sui loro vicini e amici non cattolici.
Persino tra i sacerdoti, osserva ancora padre Anthony Nguyen, “non si assume in pieno la necessaria responsabilità nei confronti della missione evangelizzatrice, che sembra essere il prodotto di personali, sporadiche campagne di singoli individui o di ordini religiosi”. “La Chiesa vietnamita nel suo insieme - aggiunge suor Marie Nguyen, sociologa di Ho Chi Minh City – manca di ardore, di una organica strategia missionaria e di investimenti in progetti e strumenti per la missione, specialmente nelle aree rurali o remote”.
Un ruolo signifcativo lo gioca poi l’ostilità del governo. In numerose remote aree degli Altipiani centrali e delle province di montagna del nord, le attività pastorali sono impedite dalla burocrazia e dalle vessazioni del governo. In tali aree, l’attività missionaria viene sempre descritta come “minaccia contro la sicurezza nazionale” e i funzionari locali non fanno sforzi per nascondere la loro ostitiltà verso gli sforzi della Chiesa di svolgere compiti pastorali.
La continua politica di diffamazione portata avanti a tutti i livelli dell’insegnamento serve poi a ingenerare confusione tra i giovani e a scoraggiarli a mostrare la loro identità cattolica per evitare di avere una cattiva reputazione. “La fede - rileva suor Marie Nguyen – viene sempre più limitata alla sfera individuale e molti giovani tendono a renderla il più invisibile possibile. Tentano di evitare i dibattiti su temi religiosi e quindi perdono la possibilità di essere testimoni del Vangelo”.
Varie le domande che tale realtà pone e che sono state discusse nel corso dell’incontro. La prima è: come si pone la “Buona novella” del messaggio cristiano nelle cattive notizie sociali, politiche e economiche che il Paese sta vivendo? In mezzo alla disperazione che tutto pervade, dove alloggiano la speranza e l’ottimismo portati dal Vangelo?
Come si può, in secondo luogo, costruire l’immagine della Chiesa come famiglia? Come possono le famiglie cristiane divenire autentiche Chiese domestiche? Quali sono i ruoli delle culture nell’evangelizzazione? Quali gli sforzi necessari per facilitare l’inculturazine del Vangelo nella tradizione vietnamita? Cosa fare per trasmettere il messaggio cristiano alla realtà socio-culturale, religiosa, politica ed economica del Vietnam? Tutte le risposte, è emerso, vanno ricercate nella corretta comprensione della persona di Cristo, della sua natura, del suo significato e del suo messaggio indirizzato all’umanità.
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