La Chiesa caldea piange p. Ragheed Ganni e i suoi martiri
Mosul (AsiaNews) – Con il “cuore in lutto e pieno di amarezza”, la Chiesa caldea piange i suoi “martiri”. Così, in una dichiarazione congiunta, il Patriarca e i vescovi caldei ricordano p. Ragheed Ganni (nella foto) e i suoi tre subdiaconi - Basman Yousef Daud, Wahid Hanna Isho, Gassan Isam Bidawed – uccisi ieri a sangue freddo a Mosul, di ritorno dalla messa domenicale alla parrocchia del Santo Spirito. Oggi pomeriggio alle 15.00 (ora locale) si svolgeranno i funerali a Karamles, villaggio di origine di p. Ragheed; celebrerà il vescovo di Mosul, mons. Faraj Rahho.
La condanna di Emmanuel III Delly e dei presuli è arrivata poche ore dopo l’assassinio. “Si tratta di un crimine vergognoso, che qualsiasi persona di coscienza rifiuta. Coloro che lo hanno commesso hanno compiuto un atto orribile contro Dio e contro l’Umanità, contro loro fratelli che erano cittadini fedeli e pacifici, oltre ad essere uomini di religione che hanno sempre offerto le loro preghiere e le loro suppliche a Dio Onnipotente perchè portasse pace, sicurezza e stabilità a tutto l’Iraq”, si legge nel testo.
Anche mons. Rabban al Qas, vescovo di Amadiyah e di Erbil, ha ricordato ad AsiaNews la figura di p. Ragheed: “Aveva un grande coraggio, unito a tanta calma e amorevolezza. Era una personalità spirituale, amata da tutti, cattolici e musulmani”.
Intanto giungono ulteriori particolari sulla morte del sacerdote e dei suoi aiutanti. Dopo aver celebrato la funzione eucaristica, p. Ragheed si stava allontanando dalla chiesa in macchina insieme ai tre subdiaconi e alla moglie di uno di questi, Gassan Isam Bidawed. Negli ultimi giorni i tre accompagnavano sempre il sacerdote per cercare di proteggerlo. “Erano giovani pieni di fede, che viaggiavano con il loro parroco rischiando la vita credendo in Cristo”, raccontano gli amici. All’improvviso, proprio all'angolo della strada, la macchina è stata fermata da uomini armati. Gli aggressori, di cui ancora non è nota la milizia di appartenenza - hanno fatto allontanare la donna e freddato “con più colpi d’arma da fuoco” i restanti. Intorno ai cadaveri, hanno poi piazzato alcune autobomba, progettando di far morire altra gente che si fosse avvicinata a recuperare i corpi. Nelle prime ore successive all’attentato, le salme sono rimaste abbandonate per strada perché nessuno osava avvicinarsi. Solo verso le 22 (ora di Mosul), le forze dell’ordine sono riuscite a disinnescare le bombe e recuperare le salme, che ora giacciono finalmente ricomposte nella chiesa del Santo Spirito.
I vescovi caldei riuniti in questi giorni nel Sinodo patriarcale “chiedono al Signore di concedere la misericordia all’anima dei martiri, porgono le loro condoglianze ai familiari dei defunti, al vescovo della città, mons. Faraj Rahho, ai fratelli delle vittime nel sacerdozio ed a tutti i fedeli caldei nel mondo, che il Signore dia loro la forza necessaria in una situazione così dura”. E infine ricordando le persecuzioni degli iracheni cristiani, la loro emigrazione forzata e il loro essere spinti a rinnegare la propria fede, chiedono “ai responsabili iracheni ed alle organizzazioni internazionali di intervenire prendendo i provvedimenti necessari per mettere fine a questi atti criminali”.
Ieri il card. Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano, ha annunciato che il papa discuterà della guerra in Iraq nel suo imminente incontro con il presidente statunitense George W. Bush, in arrivo a Roma l’8 giugno.
P. Ragheed è il primo sacerdote cattolico ad essere stato ucciso in Iraq dal 2003. Prima di lui l’anno scorso a Mosul era stata la volta di un siro ortodosso, p. Paul Iskandar.
Grande amico di AsiaNews, p. Ragheed Ganni era nato a Mosul nel 1972. Laureato in ingegneria all’università locale nel 1993, dal 1996 al 2003 ha svolto gli studi teologici a Roma presso il Pontificio Collegio irlandese e all’Università Pontificia S. Tommaso d'Aquino "Angelicum" conseguendo la licenza in Teologia Ecumenica.