La Belt and Road del G7 cambia nome, ma i suoi limiti rimangono
Ribattezzata Partnership for Global Infrastructure and Investment, dovrebbe raccogliere 600 miliardi in cinque anni. Soldi da investire in progetti infrastrutturali “sostenibili” per i Paesi in via di sviluppo. Con crisi pandemia, inflazione e guerra in Ucraina sarà difficile mobilitare le risorse. I potenziali clienti preferiscono trattare con Pechino, che impone poche condizioni.
Roma (AsiaNews) – Un anno fa si chiamava Build Back Better World, il 26 giugno al loro summit annuale i leader del G7 l’hanno ribattezzata Partnership for Global Infrastructure and Investment: un cambio di etichetta, ma per poter diventare una vera alternativa alla Belt and Road Initiative della Cina ai problemi del Covid-19 si è aggiunta l’invasione russa dell’Ucraina.
Con il loro “nuovo” partenariato le sette economie più avanzate del mondo puntano a raccogliere 600 miliardi di dollari in cinque anni per finanziare progetti infrastrutturali nei Paesi in via di sviluppo. L’amministrazione Biden parla di uno sforzo coordinato per andare incontro alle esigenze delle nazioni più svantaggiate, ma in modo “trasparente” e nel rispetto di elevati standard finanziari, ambientali, lavorativi e di sicurezza. La spesa dovrà servire a combattere il cambiamento climatico, migliorare la sanità a livello globale, favorire la parità di genere e rafforzare l’economia digitale.
In una ottica di competizione (confronto) con la Cina, la Partnership for Global Infrastructure and Investment arriva al momento opportuno. Come sottolineato anche da osservatori cinesi, negli ultimi quattro anni la Belt and Road ha avuto un drastico calo degli investimenti. Secondo il China Global Investment Tracker, l’iniziativa lanciata nel 2013 da Xi Jinping per accrescere il peso mondiale della Cina grazie agli investimenti infrastrutturali ha visto finora stanziamenti per 838 miliardi di dollari: dal picco di 130 miliardi del 2015 si è passati però ai 63,5 miliardi del 2021.
Il rallentamento dell’economia in Cina, aggravato dalle draconiane regole per il contenimento del Covid-19 e dagli effetti della guerra russo-ucraina, potrebbe prosciugare ancor di più gli investimenti cinesi nei 140 Paesi partner della Belt and Road.
Quello delle risorse finanziarie è il primo ostacolo che si trovano ad affrontare anche i Paesi del G7. Per la Partnership for Global Infrastructure and Investment, gli Usa hanno promesso finanziamenti pubblici e privati per 200 milioni di dollari: una alternativa a chi offre schemi che a parere di Washington sono in realtà “trappole del debito”. L’Unione europea vuole mettere in campo 316,7 miliardi di dollari, così da costruire una alternativa “sostenibile” alla Belt and Road. Tra piani di ripresa dalla pandemia, lotta all’inflazione e sostegno all’Ucraina, rimane da vedere quanto potranno stanziare Washington e i suoi alleati; senza contare che non sarà semplice coinvolgere gli investitori privati.
La Belt and Road è finita sotto accusa per finanziare strutture inquinanti come le centrali di carbone, per le sue gare d’appalto opache, che favoriscono le compagnie cinesi, e il trasferimento forzato di popolazioni per fare spazio alle nuove infrastrutture. L’accusa più dura è però quella di rendere i Paesi debitori sempre più dipendenti dal creditore cinese.
Malgrado uno studio di AidData abbia rivelato che 40 dei 50 maggiori prestiti stanziati da creditori statali cinesi abbiano ricevuto garanzie “collaterali” dai governi clienti, i Paesi in via di sviluppo non sembrano voler rinunciare ai soldi di Pechino. Con ogni probabilità, il problema maggiore per i governi del G7 è quello di scardinare un rapporto che si è strutturato nel tempo tra la Cina e i suoi debitori.
Anche se pagano interessi più alti di quelli offerti da governi e istituzioni occidentali, molti Paesi in via di sviluppo privilegiano finanziamenti e progetti cinesi perché Pechino non impone loro condizioni fiscali e finanziarie, vincoli ambientali e umanitari o complessi controlli di gestione e trasparenza: in sostanza i punti su cui si basa la Partnership for Global Infrastructure and Investment.
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