La Apple apre negozi in India, ma per la produzione ancora tanti ostacoli
Circa il 95% degli iPhone viene tuttora prodotto nella fabbrica di Zhengzhou, in Cina. Dal 2016 c'è stata un'accelerazione verso lo spostamento, anche se la burocrazia e il ritardo tecnologico indiani continuano a giocare un ruolo importante. Ma secondo molti analisti l'India di oggi assomiglia alla Cina di vent'anni fa.
New Delhi (AsiaNews) - Erano centinaia le persone presenti all’apertura del secondo nuovo negozio della Apple ieri a New Delhi. Pochi giorni prima, il 18 aprile, ne era stato aperto uno a Mumbai, considerata la capitale finanziaria dell’India, mentre mercoledì, tra una inaugurazione e l’altra, Tim Cook, l’amministratore delegato dell’azienda di Cupertino successore di Steve Jobs, ha incontrato il primo ministro indiano Narendra Modi. "Condividiamo la visione dell'impatto positivo che la tecnologia può avere sul futuro dell'India: dall'istruzione e dagli sviluppatori alla produzione e all'ambiente, ci impegniamo a crescere e investire in tutto il Paese", ha twittato Cook dopo l’incontro.
L’apertura dei due nuovi store ha a che fare con la diversificazione delle catene di approvvigionamento e lo spostamento della produzione dalla Cina, un’attività chiamata “decoupling” (disaccoppiamento) che ha cominciato ad essere resa nota ed esplicita con la “guerra commerciale” proposta dalla presidenza Trump nel 2016, e ha poi accelerato a causa della politica “zero-covid” cinese che per mesi ha rallentato i commerci globali.
Trattandosi di un mercato enorme - 1,4 miliardi di persone - con una classe media in forte crescita, molti ritengono che l’India possa svolgere per la Apple lo stesso ruolo ricoperto dalla Cina 20 anni fa: il 44% della popolazione ha tra i 18 e i 25 anni e i salari minimi sono in media un terzo o la metà di quelli cinesi. Oggi in India la diffusione degli iPhone è solo al 46,5% (contro l’81,6% degli Stati Uniti) e genera 6 miliardi di dollari di ricavi, pari a meno del 2% del totale. La popolazione indiana ha finora preferito gli smartphone a basso costo prodotti dalla cinese Xiaomi o dalla sudcoreana Samsung, spendendo in media 224 dollari, secondo le stime della International Data Corporation, un’azienda che raccoglie e analizza le informazioni rilevanti per i mercati tecnologici. Si tratta però di un aumento di spesa per i cellulari del 18% in un anno, per cui, secondo gli economisti, anche se al momento il modello più economico dell’Apple costa quasi il doppio, con l’aumento previsto del reddito medio indiano crescerà anche la domanda di prodotti tecnologici di fascia alta.
Già a fine settembre dello scorso anno la Apple aveva annunciato di voler produrre parte dell’iPhone 14 in India, una percentuale che, secondo le previsioni della banca americana JP Morgan, dal 5-7% di oggi potrebbe salire al 25% entro il 2025 per arrivare, secondo altre stime, al 40% o 50% nel 2027. La Foxconn, principale partner della Apple per l’assemblaggio dei suoi prodotti, produce iPhone a Chennai nel Tamil Nadu dal 2017 e a fine febbraio aveva annunciato di voler triplicare il numero di lavoratori per un totale di 100mila impiegati e portare la produzione a 20 milioni di unità. Indiscrezioni circolate negli ultimi mesi sostengono che l’azienda di Taiwan abbia intenzione di aprire un altro centro a Bengaluru, nel Karnataka, per un costo di 664 milioni di euro e impiegando lo stesso numero di operai. L’espansione della Foxconn sarebbe un grande colpo per il governo di Narendra Modi, da tempo desideroso di colmare il divario tecnologico con la Cina e di attrarre gli investitori occidentali che per ragioni politiche stanno incontrando crescenti difficoltà a Pechino.
Tuttavia gli esperti ci tengono a sottolineare che lo spostamento della produzione dalla Cina all’India non sarà un processo semplice né tanto meno rapido. Lo stesso Tim Cook era volato a Pechino il mese scorso, segnalando l’intenzione di voler mantenere una certa attenzione nei confronti della Cina, che genera alla Apple il 20% dei propri ricavi annuali e compra un numero di smartphone sette volte superiore rispetto all’India.
Anche se nell’immaginario occidentale i prodotti cinesi continuano a essere ritenuti di bassa qualità, il Dragone ha in realtà fatto passi da gigante negli ultimi vent’anni arrivando a sviluppare prodotti tecnologici difficilmente replicabili altrove. Al momento oltre il 95% degli iPhone è ancora prodotto nella fabbrica di Zhengzhou (chiamata “iPhone City”) che impiega 300mila lavoratori.
Un articolo del Financial Times aveva documentato le difficoltà che gli ingegneri della Apple inviati dalla California e dalla Cina hanno incontrato in India. In una fabbrica del Tamil Nadu gestita dal conglomerato indiano Tata, per esempio, solo un componente su due che esce dalla linea di produzione può essere spedito alla Foxconn per essere assemblato. In India, inoltre, non esiste lo stesso livello di coordinamento governativo dall'alto verso il basso che si trova in Cina e che ha contribuito a creare una macchina produttiva veloce ed efficiente. Al contrario, la burocrazia indiana viene ritenuta un grosso ostacolo. Gli ingegneri della Apple che hanno visitato il Tamil Nadu si sono ritrovati a dover fare quattro ore di pendolarismo giornaliero per raggiungere la fabbrica della Foxconn di Chennai, spesso con connessioni wifi lente o assenti.
Queste difficoltà sono state evidenziate anche in un articolo apparso sul Quotidiano del popolo, il giornale del Partico comunista cinese, che ritiene che le attività di decoupling si rivolteranno contro gli Stati Uniti nel lungo periodo. Anche perché, si legge, “nel caso in cui gli Usa aumentino il blocco dell’high-tech della Cina, i consumatori cinesi non saranno certamente così fedeli ‘fan di Apple’ come lo sono stati in passato”.
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