L'Ue: "Pechino deve vedere nella libertà religiosa un partner, non una minaccia"
Davanti alla Commissione esteri dell'Unione Europea, relatori democratici, popolari e socialisti insistono su un "necessario miglioramento delle libertà fondamentali dell'uomo in Cina".
Bruxelles (AsiaNews) La situazione dei diritti fondamentali dell'uomo, primo fra tutti quello alla libertà religiosa, "è estremamente difficile nella Repubblica popolare cinese", che "deve incrementare notevolmente" la sua credibilità e chiarezza sulla questione e deve iniziare a considerare la libertà religiosa "un partner e non una minaccia in ambito sociale".
E' questo il senso della relazione di iniziativa sui rapporti tra Unione Europea e Cina presentata dall'europarlamentare democratico-indipendente , l'olandese Bastian Belder, nel corso della riunione della Commissione Affari Esteri dell'Europarlamento che si è svolta il 3 maggio a Bruxelles.
Il rapporto, stilato in occasione dei 30 anni delle relazioni fra Pechino e l'UE mette sotto esame la situazione economica e lo status dei diritti umani in Cina, compresa la libertà religiosa.
A nome del gruppo del Partito popolare europeo é intervenuto nella discussione generale l'on. Antonio Tajani, che ha ripreso il tema della libertà religiosa ed ha ricordato la nomina del vescovo di Wuhu, avvenuta - poche ore prima della riunione - senza il permesso del Papa. "E' inaccettabile - ha sottolineato il capogruppo di Forza Italia - che un vescovo possa essere nominato dallo Stato senza che il Vaticano possa sollevare alcuna obiezione in merito, così come é impensabile che esistano solo confessioni autorizzate dallo Stato e non vi sia libertà di esprimere il proprio dissenso".
"D'altra parte ha sottolineato l'on. Tajani Pechino deve considerare la liberà religiosa non come un nemico, bensì come un partner strategico anche e soprattutto in considerazione della possibilità di intervenire energicamente nei diritti sociali degli individui che abitano la Cina".
Dello stesso avviso l'on. Pasqualina Napoletano, del gruppo socialista, che ha ribadito la necessità di una "maggiore attenzione ai diritti umani e la costante azione di controllo nel rispetto della libertà religiosa, soffermandosi in particolare sulla situazione dei cristiani ma anche e soprattutto riguardo la situazione in Tibet, regione cui il governo cinese non riconosce alcuna autonomia né accetta la figura del Dalai Lama".