"L'uso della tortura rimane diffuso in Cina"
Lo afferma Manfred Nowak, Investigatore Onu, che accusa le pubbliche autorità di avere ostacolato il suo lavoro. Vittime e testimoni minacciati, un clima "palpabile" di paura, continua sorveglianza anche durante le audizioni.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) - In Cina c'è "ancora" un "diffuso" uso della tortura e molti processi non sono "equi". Sono le conclusioni di Manfred Nowak, Investigatore capo dell'Agenzia Onu sulle torture, dopo 12 giorni di accertamenti sul posto.
Anche se c'è una diminuzione in questa pratica, "ciò nonostante - ha detto in una conferenza stampa - la tortura rimane diffusa nel Paese". "C'è ancora molto da fare - ha aggiunto - occorrono molte ulteriori riforme strutturali". "I procedimenti penali devono essere resi conformi agli standard internazionali del processo equo". Tra le torture riscontrate: elettroshock, bruciature con sigarette, immersione in fosse d'acqua o di escrementi, esposizione a condinzioni di estremo caldo o freddo.
Per raccogliere notizie Nowak è stato in Tibet e nello Xinjiang, regioni in cui è nota la violenza della polizia contro i cittadini accusati di separatismo. E' la prima ispezione consentita alle Nazioni Unite in un decennio. Nowak riferisce che l'attività del suo gruppo è stata sotto continua sorveglianza, specie durante i colloqui con le vittime e i loro familiari. Funzionari statali e pubblica sicurezza hanno anche ostacolato il suo lavoro. Diverse persone che voleva visitare - dichiara Nowak in un documento - sono state "intimidite da personale della pubblica sicurezza, poste sotto sorveglianza della polizia, ammonite a non incontrare l'Investigatore Onu, o impedite in modo fisico ad incontrarmi". "Ho riscontrato - prosegue - un palpalbile stato di paura e di auto-censura nei detenuti che ho sentito". Non gli è stato permesso di portare macchine fotogreafiche o strumenti di registrazione nelle prigioni. Tutte le sue ispezioni erano annunciate ore prima.
La Cina ha la maggiore popolazione carceraria del mondo e ogni anno emana oltre il 90% delle esecuzioni capitali mondiali. Sono frequenti le accuse contro Pechino per l'utilizzo di confessioni estorte. All'inizio del 2005 il Parlamento ha approvato una legge che punisce la polizia che torturi i detenuti durante l'interrogatorio.
Lo scorso aprile fu riconosciuto innocente un uomo, She Xianglin, condannato all'ergastolo per l'omicidio della moglie. La donna, invece, era tornata e She disse che aveva confessato il delitto sotto tortura.
A giugno una donna è tornata dopo che il suo presunto assassino, Teng Xingshan, era stato giustiziato, nonostante le sue proteste di innocenza. Nella sentenza è scritto che "Teng ha confessato il delitto di sua iniziativa".
Il Paese ha sottoscritto la Convenzione internazionale dei diritti civili e politici nel 1998, considerato documento cardine per la tutela dei diritti, ma non l'ha ancora ratificato. (PB)