L'Iraq vota per la Costituzione e per il suo futuro
Personalità cattoliche caldee, a contatto con curdi, sunniti e sciiti, raccontano ad AsiaNews le speranze e le paure degli iracheni alla vigilia del referendum.
Roma (AsiaNews) In vista del referendum di domani sulla costituzione, oggi l'Iraq ha chiuso i suoi confini. Attorno ai seggi elettorali a Baghdad e nelle altre maggiori città sono allestite barricate; molte famiglie irakene hanno fatto provviste per i 4 giorni di festività pubblica, indetti dal governo allo scopo di tenere la gente a casa. Paura, preoccupazione, ma anche coraggio e grandi speranze percorrono il Paese dal nord al sud alla vigilia del voto.
AsiaNews ha raccolto in diverse zone dell'Iraq, testimonianze di come la popolazione e soprattutto i cristiani aspettano l'appuntamento di domani alle urne.
Da Amadiyah, nel Kurdistan, parla il vescovo caldeo Rabban al-Qas. "Qui, i curdi si sono preparati per votare positivamente, per non perdere questa occasione che per loro non si ripeterà. E' importante votare "sì" alla Costituzione. L'accordo del Partito islamico (il più grande partito sunnita) con il governo ha dato forza a curdi ed agli sciiti. E' un peccato che alcuni di coloro che si dicono cristiani si sono schierati contro, compreso il partito assiro.
Io personalmente ho incoraggiato i cristiani ad andare a votare: questa Costituzione di sicuro non è perfetta, soprattutto per i cristiani e per i curdi, ma è la migliore di quanto abbiamo avuto finora. Spero che il Kurdistan possa contribuire a completare con il suo esempio ciò che ad essa manca, ad esempio maggiori garanzie per i cristiani.
Il rifiuto della Costituzione significherebbe l'annullamento del parlamento e del governo e darebbe maggiore linfa per i nostri nemici, che vogliono la distruzione del Paese. Votare sì al referendum, invece, non dà al terrorismo la possibilità di rimettere il Paese sotto i suoi piedi.
L'Iraq non sarà mai pacificato senza la partecipazione politica dei sunniti. Prevedo che alle prossime elezioni i curdi, i sunniti e il partito di Iyad Allawi conquisteranno potere ed allontaneranno Jaafari (attuale premier sciita, ndr), impotente di fronte al caos che domina nel suo governo.
In questo momento bisogna prendere le cose come vengono e cercare di appoggiare chi offre garanzie per render l'Iraq uno Stato democratico, liberale, lontano dall'influenza religiosa islamica. Speriamo di vedere questo, un giorno, ma è necessaria un'educazione. Posso dire che nel Kurdistan la gioventù è ben preparata per capire l'importanza positiva del referendum e gli anziani guardano a questo evento come all'avvenire del Kurdistan".
Quasi opposto lo stato d'animo della popolazione a Mosul - terza città dell'Iraq e a maggioranza sunnita - dove AsiaNews ha intervistato il parroco della Chiesa dello Spirito Santo, il giovane sacerdote caldeo Ragheed Ganni. "Qui da noi il coprifuoco e il divieto per la circolazione delle auto è stato imposto già dal 12 ottobre. Mosul è una grande isola pedonale: non sono permessi motorini, né macchine. La situazione della sicurezza è peggiore rispetto alle elezioni di gennaio scorso e non so in quanti avranno il coraggio di uscire di casa e andare a votare. L'accordo del governo con il Partito Islamico per appoggiare la Costituzione non ha rassicurato la gente, che continua ad avere paura. Dopo la notizia dell'intesa, a Mosul è circolata molto di più un'altra notizia secondo la quale altri gruppi sunniti si erano dissociati dichiarando che il Partito Islamico non li rappresenta e quindi invitavano al boicottaggio. Da settimane manifesti per le strade, la gente nei posti pubblici e i religiosi nelle moschee invitano a votare per il 'no'.
Nelle ultime settimane Mosul ha vissuto esperienze tragiche: il caos regna ovunque; la gente che ha sempre cercato di continuare la sua vita in modo normale, ormai abituata a bombe e spari, ha invece smesso di andare a lavoro. Nella parte orientale di Mosul - controllata dagli americani e a maggioranza curda e sciita - i ribelli hanno preso di mira i quartieri dove si concentrano le attività industriali. Dopo giorni di sparatorie si è deciso di chiudere le attività per l'alto rischio.
I testi della Costituzione non sono mai arrivati a Mosul e comunque la gente non ha tempo e serenità per pensarci: il problema principale è poter sopravvivere. Solo nella mia parrocchia in un mese sono stati rapiti 3 uomini. Ora sono liberi, ma tutta la comunità ha dovuto contribuire al riscatto di migliaia di dollari. Spesso succede che si muoia per coincidenze ancora più futili. Quattro giorni fa un ortodosso, un uomo molto anziano, è morto sotto il fuoco americano per un "errore". Durante il Ramadan a partire dalle 5 - 6 del pomeriggio la città si svuota. Tutti i musulmani si ritirano a casa per mangiare e interrompere il digiuno. Quest'uomo era uscito proprio in questo orario e si stava dirigendo verso il ponte che collega i due lati della città. Dei soldati americani hanno iniziato a sparare per paura che fosse un kamikaze e lo hanno ucciso. Non ci sentiamo protetti a nessuno.
Al sud, a maggioranza sciita, la situazione è tranquilla e si prevede un'alta affluenza alle urne. Mons. Djibrail Kassab, arcivescovo caldeo di Bassora lo conferma: "La situazione è normale e serena e la gente andrà a votare numerosa. Non c'è paura: forse si può parlare più di preoccupazione. La sicurezza è alta, le copie della Costituzione sono arrivate a quasi tutte le famiglie, ma non so in quanti l'abbiano letta. Comunque l'aspettativa è alta: molti sperano che il voto di domani possa portare maggiore stabilità al paese e condurre l'Iraq sulla strada della normalizzazione". (MA)05/10/2005