Kuala Lumpur: tensioni fra musulmani e indù sul ‘trasferimento’ di un tempio antico
Al centro della controversia un edificio pre-indipendenza di oltre 130 anni dedicato alla divinità Dewi Sri Pathra Kaliamma Amma. Al suo posto sorgerà una moschea, mentre il tempio sarà “ricollocato” in un luogo ancora sconosciuto. Il premier invita alla calma e nega il coinvolgimento del governo nella decisione.
Kuala Lumpur (AsiaNews) - L’imminente trasferimento di un tempio indù di 130 anni nel centro di Kuala Lumpur ha scatenato una guerra - finora verbale - fra fedeli e maggioranza musulmana, che ha in programma la realizzazione di una moschea nell’area. Il nascituro luogo di culto islamico sarà chiamato Masjid Madani, un termine “quadro” usato nell’alveo politico oltre che essere uno slogan del governo guidato da Anwar Ibrahim. Tuttavia, le voci di uno spostamento del tempio hanno innescato la protesta di numerosi gruppi indù, che sottolineano il valore storico e culturale di un edificio realizzato nel 1894, ben prima dell’indipendenza della Malaysia dall’impero britannico.
La statua della divinità principale, Dewi Sri Pathra Kaliamma Amma, è alta oltre due metri e mezzo mentre il tempio sorge a Jalan Bunus 6, lungo la trafficata Jalan Masjid India, sormontato da alti edifici commerciali e di fronte al Jakel Mall.
Ramasamy Palanisamy, presidente del partito United for the Rights of Malaysians (Urimai), ha ricordato che il tempio è un “punto di riferimento significativo” e “precede l’indipendenza della Malaysia”. Per questo ha lanciato un appello alla municipalità della capitale (Dbkl) perché non venga ricollocato. “La rimozione - ha insistito l’ex vice-Chief Minister di Penang - di un tempio indù di vecchia data per qualsiasi altro scopo è inaccettabile, soprattutto in una nazione che si vanta di essere multirazziale e multiconfessionale”.
La DBKL avrebbe individuato un sito per il trasferimento del tempio, anche se il luogo esatto non è stato reso noto; inoltre, la proposta di costruire la moschea sarebbe stata avanzata dal proprietario del terreno e non dal governo. L’amministrazione ha anche assicurato al pubblico che farà ogni passo in linea col principio della libertà religiosa garantito dalla Costituzione federale, confermando che il tempio non sarà demolito fino al completamento del processo di trasferimento. Di contro N Surendran, avvocato che rappresenta il tempio, ha dichiarato che la proposta di demolizione e trasferimento non rispetterebbe lo sviluppo storico degli edifici di culto e le loro profonde radici nella comunità indù Tamil di Masjid India.
Preoccupato per una possibile escalation della tensione, il primo ministro Anwar Ibrahim ha invitato alla calma in mezzo e ha aggiunto che il governo non ha avuto alcun ruolo nella decisione di costruire una moschea in quel luogo. “Spero che non ci siano reazioni inappropriate, anche da parte della comunità musulmana, e che la questione venga gestita in modo corretto” ha detto il premier in una nota rilanciata dall’agenzia Bernama.
“È un tempio antico, ma il suo status non è ufficialmente approvato. Tuttavia, per mantenere l’armonia, la società (che possiede il terreno) ha accettato di fornire assistenza, mentre la Dbkl ha già identificato un sito sostitutivo per evitare qualsiasi problema”. Anwar ha infine invitato le parti coinvolte nel trasferimento del tempio a trovare il modo migliore per risolvere la questione in modo amichevole, senza voler trarre indebito profitto dalla situazione.
Negli ultimi 30 anni, decine di templi indù antichi e pre-indipendenza sono stati “ripuliti” illegalmente dallo Stato e dalle autorità locali. Questi incidenti sono passati inosservati perché i custodi di questi templi sono per lo più cittadini svantaggiati, poveri, non istruiti e indifesi della comunità indiana in Malaysia. Nel 2006 tre divinità indù di un tempio antico di 110 anni sono state fatte a pezzi con delle mazze proprio sotto gli occhi dei devoti. L’azione sarebbe stata compiuta dal sindaco di Shah Alam, dai suoi soldai, dalla polizia locale e da un gruppo sconosciuto di teppisti.
In realtà la vicenda relativa alla demolizione dell’antico tempio di Mariamman Sri Selva Kaliaamman è solo la punta di un iceberg, oltre a rappresentare un atto spietato e illegale di alti funzionari del governo. Nel gennaio 2018, un tempio indù di 80 anni a Seri Alam, Johor, è stato demolito perché costruito su un terreno privato, sollevando anche in quel caso feroci polemiche. Nella vicenda è intervenuto anche il Sultano di Johor, ora re della Malaysia, per mediare una risoluzione che fosse accettabile per le parti.
05/01/2024 13:21