Kuala Lumpur, moschee profanate con teste di maiale mozzate
In almeno tre luoghi di culto islamici rinvenuti i resti abbandonati degli animali, considerati “impuri” dai fedeli di Maometto. Fonti di AsiaNews denunciano il tentativo di “destabilizzare il Paese” a livello politico. Docente universitario: è una questione etnica e politica, non religiosa.
Kuala Lumpur (AsiaNews) – Alcune moschee a Kuala Lumpur sono state profanate con teste di maiale mozzate. I resti dell’animale – considerato “impuro” dai musulmani – erano sparsi nei terreni adiacenti i luoghi di culto. La polizia parla di un legame fra questo episodio e i recenti attacchi contro chiese cristiane, divampati in seguito alla controversia sull’uso della parola “Allah”. Fonti di AsiaNews in Malaysia confermano che è in atto un tentativo di “destabilizzare il Paese a livello politico”.
Nelle ultime settimane sono state colpite 11 chiese cristiane e protestanti, un tempio sikh e luoghi di culto musulmani. Le tensioni interreligiose in Malaysia sono scoppiate dopo la sentenza del tribunale il 31 dicembre scorso, che ha autorizzato i cristiani a usare la parola “Allah” per riferirsi a Dio in lingua malay. Musa Hassan, capo della polizia, punta il dito contro “un gruppo” che fomenta l’odio confessionale in un Paese a maggioranza musulmana, ma che accoglie al suo interno larghe comunità cinesi e indiane.
Hazelaihi Abdullah, imam della moschea di Taman Dato Harun, conferma il ritrovamento di una testa di maiale mozzata nelle vicinanze del luogo di culto. Un episodio analogo si è verificato nella vicina moschea di Al Imam al Tirmizi e nella moschea di Sri Sentosa, nella periferia di Kuala Lumpur. Hishammuddin Hussein, Ministro degli interni, denuncia il tentativo di “creare il caos nel Paese”. Il Malaysian Consultative Council of Buddhism, Christianity, Hinduism, Sikhism and Taoism – organismo che promuove il dialogo interreligioso – ha diffuse un comunicato in cui sottolinea che “ogni violenza contro luoghi di culto e preghiera è un peccato gravissimo” e invita la società civile a “non darla vinta ai provocatori”.
Fonti di AsiaNews a Kuala Lumpur confermano il tentativo in atto di “destabilizzare il Paese a livello politico”. “Alcuni individui – spiegano – sono scontenti della situazione politica e fomentano lo scontro per fini personali”. Essi vogliono spingere il governo “a colpire le minoranze”, per “conquistare consensi” all’interno dell’ala fondamentalista in Malaysia.
Una teoria sostenuta anche da Azmi Sharom, docente alla University of Malaya, secondo cui si tratterebbe di “una questione etnica e politica, più che religiosa”, perché il bando della parola Allah per i non-musulmani “non ha alcuna base a livello teologico”. Lo studioso punta il dito contro lo United Malays National Organisation (Umno), partito di maggioranza, che promuove il nazionalismo per finalità politiche dopo il calo di consensi degli ultimi mesi.
Nei giorni scorsi il Wall Street Journal ha pubblicato gli interventi di Najib Razak, premier malaysiano, e Anwar Ibrahim, leader dell’opposizione. Il Primo Ministro sottolinea l’iniziativa di “gruppi della società civile musulmana” che sostengono cristiani, indù e buddisti nella lotta “per la libertà religiosa” nel Paese. Egli apprezza anche “l’invito alla calma” lanciato dai leader cristiani all’indomani dell’attacco alla chiese, perché “sanno che questi atti non rappresentano la maggioranza musulmana della Malaysia”.
Anwar Ibrahim, leader dell’opposizione ed ex vice-premier, accusa l’Umno di “aver infiammato i sentimenti dei musulmani”, incolpando le minoranze di “dissacrare il nome del Dio musulmano e i cristiani di cospirazione” per rovesciare una nazione a maggioranza islamica “attraverso le conversioni”. “Questo atteggiamento – afferma – si è esacerbato da quando il partito di governo ha perso il controllo dei due-terzi in Parlamento: ora l’Umno lotta disperatamente per riguadagnare il consenso perduto”.(DS)
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