Kirkuk: cristiani in festa, riapre la parrocchia della Vergine Santissima
Kirkuk (AsiaNews) - La comunità cristiana di Kirkuk, nel nord dell'Iraq, è in festa per la riapertura ufficiale - dopo un paziente lavoro di restauro - della chiesa parrocchiale della Vergine Maria Santissima. Dimenticati per una sera le violenze e i massacri dell'ultima settimana, fra cui la serie di attentati del 20 marzo e l'uccisione di un fedele il 22 a Mosul, la minoranza religiosa può celebrare un momento di gioia riunendosi attorno al proprio pastore e ai sacerdoti della comunità. Nell'omelia che ha accompagnato la messa, l'arcivescovo mons. Louis Sako ha chiesto ai presenti di "testimoniare la fede" fra persecuzioni e abusi, invitandoli a non abbandonare il Paese ma, al contrario, "a restare" per contribuire a creare un futuro di speranza.
La chiesa parrocchiale, aperta nel 1965, è stata restaurata per intero grazie all'impegno dell'arcivescovado caldeo di Kirkuk. La sera del 22 marzo, mons. Louis Sako ha presieduto la messa di inaugurazione, concelebrata alla presenza di sacerdoti e numerosi fedeli che hanno gremito il luogo di culto. Un cristiano racconta che "la chiesa era piena" e per la celebrazione "sono arrivati anche preti dalle altre parrocchie" per un momento di "vera festa".
Il 29 gennaio 2006 la chiesa della Vergine è stata obiettivo di un violento attentato dei fondamentalisti islamici (cfr. AsiaNews, 29/01/2012 Bombe contro chiese a Baghdad e Kirkuk); gli estremisti hanno colpito il luogo di culto cristiano, in risposta al discorso di Benedetto XVI a Ratisbona, che tante - strumentali e pretestuose - polemiche aveva innescato col mondo musulmano. L'esplosione di un'autobomba aveva anche causato la morte di un chierichetto 13enne di nome Fadi Raad Elias che, al rientro da scuola, si era fermato in chiesa a pregare "per ringraziare Gesù per il felice esito di un esame".
Durante l'omelia, mons. Sako ha ricordato il sacrificio del giovane "martire" cristiano irakeno; la sua morte e il sangue versato, ha spiegato il prelato, sono "un invito a perseverare" di fronte alle "sfide" che la comunità si troverà ad affrontare. "Il nostro numero sta diminuendo - ha aggiunto l'arcivescovo - a causa dell'emigrazione, ma la nostra presenza, la testimonianza e i risvolti che genera dipendono dalla qualità, dal livello culturale, morale e spirituale che sapremo offrire per una partecipazione dinamica nella società".
"La diminuzione nel numero dei cristiani - ha concluso mons. Sako - non deve far abbassare l'influenza della minoranza sulla società irakena. Dobbiamo ripensare hic et nunc il senso della presenza cristiana e il modo in cui testimoniamo la nostra fede".
15/09/2006