Kiev: i russi non sono un popolo nativo dell’Ucraina
Lo afferma una proposta di legge presentata dal presidente ucraino Zelenskyj. L’ira di Putin: “Stanno copiando le teorie e le pratiche della Germania nazista”. Il russo è equiparato a una lingua straniera, per di più “non europea”. La diatriba sulla Rus’ di Kiev dell’XI secolo.
Mosca (AsiaNews) – Una polemica storico-antropologica sta accendendo gli animi dei russi nei confronti degli ucraini. Non bastava il conflitto permanente nel Donbass, e perfino la diatriba sulle magliette della nazionale di calcio dell’Ucraina, che presenta un riferimento alla Crimea occupata dai russi nel 2014. La nuova miccia è una proposta di legge presentata alla Rada (Parlamento) di Kiev dal presidente Volodymyr Zelenskyj sui “popoli nativi” del Paese attraversato dal Dnepr.
Nella lista di queste etnie originarie non è stata inclusa quella russa, facendo andare su tutte le furie lo stesso Vladimir Putin. Il 12 giugno, festa nazionale della Russia indipendente, il presidente russo ha ipotizzato che “adesso prenderanno la misura del cranio dei nostri consanguinei, e a milioni dovranno lasciare l’Ucraina per non vivere come cittadini di secondo piano. Stanno copiando le teorie e le pratiche della Germania nazista”. Anche la Duma di Stato russa ha diffuso una nota di protesta, chiamando il progetto una “offesa alla memoria storica, un nuovo tentativo di frapporre ostacoli e motivi di odio reciproco tra gli ucraini, i russi e gli altri popoli nativi dell’Ucraina”.
In effetti, nella lista di Zelenskyj ci sono solo altri tre popoli, oltre agli ucraini veri e propri: i tatari di Crimea, gli abitanti originari della penisola crimeana e i caraiti, una comunità ebraica di ceppo turco stanziata in Crimea e sulla costa del Mar Nero. Gli stessi ucraini, del resto, sono imparentati con i polacchi e discendono in larga parte dai cosacchi del Don, che radunavano uomini liberi da oriente a occidente in cerca di autonomia.
Il presidente ucraino ha promesso che la legge sarà approvata prima dell’estate. È stata presentata alla Rada lo scorso 18 maggio, giorno in cui l’Ucraina ricorda le vittime del genocidio dei tatari della Crimea, con le deportazioni di massa del 1944 decise da Stalin: due milioni di persone furono trasferite in Siberia in una settimana. Zelenskyj ha anche chiarito che la legge permetterà di realizzare “la de-occupazione e la reintegrazione della Crimea e di Sebastopoli, con una concezione dello sviluppo della lingua tataro-crimeana entro il 2032”. La legge ha dunque una finalità direttamente anti-russa, prevedendo il ritorno della penisola alla patria ucraina.
Secondo Zelenskyj “faremo finalmente quello che andava fatto 30 anni fa, dopo otto mandati della Rada e di tutti i miei predecessori “. Il termine “popoli nativi” (korennye narody) è fissato addirittura nella Costituzione ucraina, in cui lo Stato si impegna per “lo sviluppo dell’identità etnica, culturale, linguistica e religiosa non soltanto delle minoranze nazionali, ma anche di tutti i popoli nativi dell’Ucraina”. La stessa concezione risulta da diverse leggi del Paese, come quella sulle lingue ufficiali, di cui l’ucraino è quella statale. Quelle dei “popoli nativi” possono essere usate fino alle scuole medie per l’insegnamento, e tutte le altre si studiano come lingue straniere (quelle europee possono essere usate per singoli corsi). Il russo viene di fatto equiparato a una lingua straniera, per di più “non europea”.
Nel progetto di legge vengono riportate le caratteristiche di un “popolo nativo”: si è formato sul territorio dell’Ucraina; è portatore di un’identità linguistica e culturale; ha degli organismi di rappresentanza tradizionali, sociali e culturali; ha coscienza di essere un popolo nativo dell’Ucraina; costituisce una minoranza nel Paese. Infine – ciò che esclude i russi – esso non ha alle spalle un proprio Stato al di fuori dei confini ucraini. Secondo Zelenskyj si tratta di caratteristiche in linea con i documenti delle Nazioni Unite su questi temi.
La diatriba tra russi e ucraini affonda le sue radici nelle origini comuni della Rus’ di Kiev dell’XI secolo, di cui Mosca sarebbe diventata erede dopo il “giogo tartaro” nel ‘400. Anche i russi hanno leggi per la protezione di “popoli nativi” minoritari, e ritengono gli ucraini una delle varianti della propria composizione multinazionale a guida russa, di fatto senza veramente distinguerli dalla propria etnia, come anche i bielorussi.
L’iniziativa di Zelenskyj, che Putin dileggia dicendo che “lui stesso è di nazionalità ebraica”, cerca dunque di chiudere una disputa plurisecolare in modo piuttosto sbrigativo, e le definizioni sulla carta non cambieranno di molto la situazione di un popolo la cui identità rimane da sempre in sospeso, sul confine tra occidente europeo e oriente asiatico.
09/09/2021 08:54
29/07/2021 08:39