25/08/2021, 08.50
UCRAINA
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Kiev, Bartolomeo in visita per la festa dell'indipendenza

di Vladimir Rozanskij

Il patriarca di Costantinopoli in Ucraina nel trentesimo anniversario della separazione dall'Unione Sovietica. Contestazioni dei fedeli filo-russi per il riconoscimento dell'autocefalia di Kiev avvenuto nel 2018. "A casa in questo luogo e con questo popolo inseparabile dal nostro territorio canonico".

Kiev (AsiaNews) - Il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo (Archontonis) ha onorato con la sua visita ufficiale la festa nazionale del 24 agosto per l’indipendenza dell’Ucraina, Paese di cui nel 2018 egli ha riconosciuto l’autocefalia ecclesiastica. Il patriarca ha incontrato il metropolita Epifanyj (Dumenko), il presidente Volodymyr Zelenskyj e i membri della Rada, il parlamento ucraino.

Davanti alla sua residenza hanno manifestato centinaia di persone, fedeli alla Chiesa ortodossa di obbedienza moscovita, che protestavano contro il patriarca “scismatico” e intonavano preghiere di riparazione, accompagnati anche dal metropolita filo-russo di Kiev, Onufryj (Berezovskij). Altre folle intendevano invece acclamarlo in nome dell’autonomia ecclesiastica concessa, ma Bartolomeo ha evitato manifestazioni pubbliche che potessero acuire ulteriormente le tensioni. 

Il patriarca non ha preso parte alla cerimonia per l'indipendenza ucraina che si è tenuta nel pomeriggio nella cattedrale di Santa Sofia e presieduta dal metropolita Onufryj, che aveva posto come condizione l'assenza di Bartolomeo. Inoltre, il presidente Zelenskyj, su suggerimento di Bartolomeo, ha istituito la "festa della statualità dell'Ucraina" distinta da quella dell'indipendenza: si terrà il 28 luglio, giorno del Battesimo della Rus' di Kiev, identificato così come l'inizio della storia dello "Stato ucraino".

Secondo Andrej Melnikov, vice-direttore della Nezavisimaja Gazeta, il patriarca ecumenico sta in qualche modo "sostituendo la Nato, l’Unione Europea e l’Onu” nel riconoscimento della dignità del popolo ucraino, dopo anni di conflitto con la Russia che considera il Paese del Dnepr una parte della propria storia, come ha sottolineato lo stesso Vladimir Putin in alcuni recenti interventi.

Trent’anni fa il Soviet Supremo della repubblica sovietica dell’Ucraina approvò la dichiarazione di indipendenza dall’Urss, che fu l’inizio della sua dissoluzione e della esistenza autonoma di uno stato ucraino, da secoli diviso tra Polonia e Russia. La diatriba ecclesiastica si accese poco dopo i fatti del 1991, con le prime richieste di autocefalia e la proclamazione unilaterale del patriarcato di Kiev da parte del metropolita Filaret (Denisenko), oggi ultranovantenne, ma ancora attivo nelle varie dispute tra Mosca e Kiev.

Nella storia delle nazioni di tradizione ortodossa, del resto, la giurisdizione ecclesiastica è un elemento identitario fondamentale, molto legato alle vicende politiche. Proprio la Russia ne diede esempio supremo, con la proclamazione del patriarcato di Mosca nel 1589, ottenuta da Costantinopoli non senza forzature, per esaltare “l’unico vero regno ortodosso”. Oggi Bartolomeo si presenta a Kiev, per la prima volta dopo la firma del Tomos di autocefalia, per riportare tutte le Chiese alla tradizione del primo millennio, in cui - secondo le sue parole - “Costantinopoli ha da sempre un unico grande privilegio: quello del sacrificio, per il bene della Chiesa universale”.

Nel suo saluto alle autorità e al popolo ucraino, il patriarca ecumenico ringrazia “la Santissima Trinità che mi ha concesso di visitare la terra tanto sofferente dell’Ucraina, il fonte battesimale della Rus’, la gloriosa Kiev dove il santo principe Vladimir pose un fondamento incrollabile alla fede in Cristo, ricevuta dalla grande Chiesa della Nuova Roma”. Bartolomeo ha aggiunto di “sentirsi a casa in questo luogo e con questo popolo. Non perché ci sono già stato o ci sono stati i miei gloriosi predecessori, ma perché la metropolia di Kiev, nonostante le trombe contrarie che risuonano, era fin dall’inizio una parte inseparabile del nostro stesso territorio canonico, anche se alcune circostanze storiche e violenze umane lo hanno separato da noi, ma non per sempre”.

Il patriarca di Costantinopoli ha quindi ribadito da Kiev di essere la “prima sede” anche per tutte le altre Chiese ortodosse di “Russia, Serbia, Romania, Bulgaria, Grecia, Polonia, Albania, Cechia e Slovacchia, in una parola di tutte le Chiese nuove formatesi dal nostro corpo”. Chiudendo quindi ogni discussione sul primato ortodosso, Bartolomeo assicura che “non ricordiamo le delusioni e le umiliazioni, le offese e le sofferenze, ma andiamo sempre avanti sulla via del perdono, della virtù e della guarigione per tutti i nostri figli senza esclusione”. La politica, egli afferma, deve rimanere fuori dalla vita ecclesiastica, fatto difficilmente realizzabile nelle tradizioni della sinfonia ortodossa tra il trono e l’altare.

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