Kerala: comunisti contro il vescovo, la Chiesa protesta in piazza
di Nirmala Carvalho
Ancora nessuna reazione del Partito comunista alla grande manifestazione della settimana scorsa, quando oltre 30mila persone hanno chiesto le scuse ufficiali per le offese rivolte al vescovo di Thiruvambady, mons. Mar Paul Chittilappilly. La polemica nasce dalla rilettura della vita dell’ex segretario comunista, che in punto di morte avrebbe chiesto il conforto di un sacerdote.
Thiruvambady (AsiaNews) – Ancora nessuna reazione da parte del Partito comunista indiano alla grande manifestazione del 17 ottobre scorso, quando oltre 30mila persone hanno sfilato a Thiruvambady, nello Stato meridionale del Kerala, per chiedere ai comunisti scuse ufficiali per le frasi rivolte contro mons. Mar Paul Chittilappilly.
Alla marcia hanno partecipato vescovi, sacerdoti, religiosi e laici – ma anche fedeli di altre religioni – provenienti da 106 parrocchie della diocesi. Per protesta, anche le scuole e gli ospedali gestiti dal Consiglio diocesano (di rito siro-malabarese) sono rimasti chiusi.
La protesta è nata dalle affermazioni del Segretario comunista locale, Pinarayi Vijayan, che ha definito il vescovo “una creatura malvagia”, che dice “soltanto bugie”. Inoltre, il politico ha sottolineato che dal suo punto di vista “una bugia è una bugia: se chi la dice è un vescovo, non vuol dire che diviene una santa bugia”.
Queste offese derivano da un discorso pronunciato da mons. Chittilappilly lo scorso settembre, durante una marcia per la protezione dei diritti delle minoranze. Nel suo intervento, il presule ha ricordato la figura dell’ex leader comunista statale, Mathai Chacko, che avrebbe chiesto in punto di morte il conforto di un sacerdote. Inoltre, il suo matrimonio sarebbe stato celebrato in chiesa.
Per Vijayan, quelle parole “non sono altro che un invito a votare per il Fronte democratico unito, che cerca di riguadagnare il terreno perduto nelle ultime elezioni: comportandosi in questo modo, il vescovo ignora la ricchezza comunista di Chacko e lo dipinge come un uomo in contraddizione, soltanto per fare propaganda politica”.
Secondo p. Paul Thelakat, del Sinodo siro-malabarese, “non colpisce tanto il contenuto del dibattito, quanto l’odio contenuto nei toni usati da Vijayan. Nel Partito comunista indiano vi sono cristiani, musulmani ed indù praticanti: non c’è spazio per la fede, anche nella politica? Se è così, chi ha una fede non può fare politica per i comunisti, e forse neanche votarli. In India consideriamo questo Partito come tanti altri, laico, ma non ateo: è soltanto una maschera, quella della democrazia che dicono di voler servire?”.
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