Kerala, comunisti in guerra contro la Chiesa: incita la popolazione contro di noi
di Nirmala Carvalho
Secondo un documento del Partito comunista dello stato, all’interno della Chiesa operano forze misteriose che sobillano sentimenti anti-comunisti. Il portavoce del Sinodo siro-malabarese spiega ad AsiaNews la crisi d’identità della politica locale, ed invita ad un dialogo sincero e prudente, senza però scendere al compromesso con l’ideologia marxista.
Tiruvanthapuram (AsiaNews) – All’interno della Chiesa cattolica “agiscono forze misteriose che, per vie traverse, sobillano la popolazione keralese contro il Partito comunista. Ciò non è accettabile, dato che da tempo i comunisti accolgono nelle loro fila i credenti e li difendono dagli attacchi dei nazionalisti”. E’ il senso di un messaggio pubblico firmato il 12 novembre scorso da Veliyam Bhargavan, segretario del Partito comunista dello Stato meridionale del Kerala, che accusa i cattolici di attuare una politica anti-comunista “infondata e ingrata”.
Nel testo, il leader politico ricorda l’aiuto dato dai comunisti ai credenti non indù, che subiscono continui attacchi dalle forze fondamentaliste, e sottolinea: “Ormai da tempo rispettiamo la libertà religiosa e le scelte personali dei credenti. Vi sono comunisti credenti, e vengono accettati: ci opponiamo soltanto all’ingresso della religione nella politica, e viceversa”.
Il messaggio sembra essere la risposta alla grande manifestazione del 17 ottobre scorso, quando oltre 30mila persone hanno sfilato a Thiruvambady, nello Stato meridionale del Kerala, per chiedere ai comunisti scuse ufficiali per le frasi rivolte contro mons. Mar Paul Chittilappilly.
La protesta era nata dalle affermazioni del Segretario comunista locale, Pinarayi Vijayan, che ha definito il vescovo “una creatura malvagia”, che dice “soltanto bugie”. Inoltre, il politico ha sottolineato che dal suo punto di vista “una bugia è una bugia: se chi la dice è un vescovo, non vuol dire che diviene una santa bugia”.
Va ricordato che che mons. Chittilappilly , durante una marcia per la protezione dei diritti delle minoranze, lo scorso settembre, ha ricordato la figura dell’ex leader comunista statale, Mathai Chacko, che avrebbe chiesto in punto di morte il conforto di un sacerdote. Il vescovo ha anche rivelato che il matrimonio di Chacko era stato celebrato in chiesa. Sono bastate queste rivelazioni pr scatenare l'offensiva contro le "bugie" della Chiesa.
Il portavoce del Sinodo cattolico di rito siro-malabarese, p. Paul Thelakat, spiega ad AsiaNews: “Da quando Giovanni Paolo II ha ricevuto in Vaticano un leader comunista del Kerala, l’immagine del Partito è cambiata: abbiamo avuto l’impressione che avessero abbandonato le ideologie di ateismo e materialismo. Eppure, non possiamo dimenticare che la Centesimus Annus vieta ogni compromesso fra cristianesimo e marxismo”.
Nonostante questi proclami di libertà religiosa, continua, “quando è stato fatto un accenno all’estrema unzione del defunto Chakco, si sono scatenate polemiche dai toni duri e denigratori. Questo fa apparire contraddittorio il messaggio di apertura e convivenza che cercano di promuovere: se accettano i fedeli fra le loro fila, ma non ammettono che un loro leader possa essere stato credente, significa che l’ideologia dell’ateismo è ancora viva”.
In India, spiega, “abbiamo tre tipi di comunismo: i naxalbaris, che dichiarano di essere i veri comunisti perché non hanno mai abbandonato l’ideologia di Marx e non hanno mai effettuato una revisione della loro politica; i marxisti, che non hanno ancora chiarito se vogliono abbandonare la lotta armata o meno, ed infine i comunisti del Kerala, che sono divenuti una sorta di Partito socialista che non bada più alle ideologie, ma poi cade in incidenti di percorso come questo”.
Alla luce di questi fatti, per p. Thelakat “non c’è alcun dubbio: la Chiesa ed i comunisti devono cercare il dialogo ed il confronto, per migliorare la situazione dei poveri e degli oppressi. Tuttavia, non possiamo dimenticare le parole del Papa sul compromesso, che è possibile soltanto qualora l’ideologia venga rigettata del tutto, in nome della democrazia”.
Quello che bisogna capire, conclude il sacerdote, “è che al momento il Partito comunista del nostro Stato vive una crisi d’identità, paragonabile a quella del Partito comunista cinese. La Chiesa non ha bisogno di assumere un atteggiamento belligerante, ma deve aiutarli ad uscire da quel fondamentalismo ideologico che li opprime. La strada da seguire è indicata dalla Gaudium et Spes: un dialogo sincero e prudente”.
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