Kathmandu, senza terra e maoisti contro la polizia. Sei morti
Kathmandu (AsiaNews) – E’di sei morti e centinaia di feriti il bilancio degli scontri a fuoco tra polizia e oltre 10mila senza terra avvenuti il 4 dicembre scorso nel distretto di Kailali (Nepal occidentale). Sostenuti dai maoisti dell’All Nepal Landless Association – Revolutionary, i senza terra protestavano dal 3 dicembre per la decisione del governo di sgomberare gli insediamenti abusivi della foresta di Dudhejhadi (Kailali), senza predisporre un adeguato piano di trasferimento. Dopo aver intimato per due giorni l’abbandono dell’area, la polizia ha aperto il fuoco sulla folla uccidendo quattro manifestanti e scatenando la rivolta. Durante gli scontri hanno perso la vita anche due poliziotti, altri sono stati presi in ostaggio dai manifestanti. La loro sorte è ancora sconosciuta.
“Quando la polizia ha iniziato a sparare sulla folla noi abbiamo risposto lanciando pietre e bastoni - afferma Ram Janan Chaudari, uno dei manifestanti. “Noi siamo cittadini nepalesi – continua – lo Stato dovrebbe darci una casa invece di spararci”.
Harikrishna Pudel, funzionario del distretto di Kailali, conferma che la situazione è ora sotto controllo: “La polizia ha disperso i manifestanti che ancora presidiavano gli insediamenti”. Egli aggiunge che le forze dell’ordine hanno compiuto numerosi arresti e altri agenti stanno presidiando ora l’area.
Per il Ministro dell’interno, Bhim Rawal, “è responsabilità del governo fermare gli insediamenti illegali all’interno della foresta di Dudhejhadi”. “Noi – continua – abbiamo avvisato per tempo gli abitanti, che si sono invece ribellati scatenando le reazione della polizia”. Secondo lui sarebbero stati i quadri del Partito maoista ad aizzare i manifestanti contro il governo e a provocare la rivolta.
Intanto per chiedere giustizia, i maoisti hanno iniziato ieri centinaia di manifestazioni in tutto il Paese. Tuttora restano bloccati trasporti, uffici governativi e scuole.
“Il governo non dovrebbe utilizzare certi metodi per controllare la situazione nel Paese – afferma il leader maoista Prachanda – questa oppressione da parte dello Stato potrebbe scatenare nuovi spargimenti di sangue mettendo a rischio i trattati di pace e il rispetto della costituzione”.