Kathmandu, l’Onu chiede giustizia per le vittime della guerra civile
“Il processo messo in atto dalla Commissione per la verità e la riconciliazione – ha affermato la Kyung – è un’opportunità storica per affrontare le cause che sono alla radice dei conflitti sociali del Paese”. L’Alto commissario ha criticato l’inerzia e gli errori commessi in questi anni dall’Assemblea costituzionale. Secondo la Kyung, nelle bozze per la riforma legislativa, l’Assemblea non rispetta diritti fondamentali come quello alla cittadinanza, soggetto a un regime differente a seconda delle appartenenze etniche e sociali. L’Alto commissario Onu ha inoltre proposto al primo Ministro Jhala Nath Khanal una proroga del mandato della Commissione per altri due anni. “La nostra presenza in Nepal – ha affermato – è necessaria per la conclusione del processo di pace”.
La guerra civile del Nepal ha contrapposto per 10 anni esercito e guerriglieri maoisti, che combattevano con l'obiettivo di rovesciare la monarchia e istituire la Repubblica popolare del Nepal. Il conflitto si è concluso con un accordo globale di pace tra esercito e maoisti firmato il 21 novembre 2006 davanti a Onu e comunità internazionale. In 10 anni il conflitto ha fatto più di 12.800 morti e circa 100mila sfollati. In questo clima di anarchia l’esercito, che controllava le aree urbane, e i maoisti, presenti invece nelle aree rurali, si sono macchiati di crimini contro la popolazione civile, facendo sparire i dissidenti e tutti coloro che al tempo denunciavano i fatti.
Nel 2007 è stata creata la Truth and Reconciliation Commission, sponsorizzata dall’allora governo maoista, eletto nel 2008, e dalle più alte cariche dello Stato, ma a tutt’oggi nessuno dei responsabili è stato processato. Le autorità giustificano il ritardo con l’instabilità politica vissuta in questi anni dal Paese.