Kathmandu, il premier bhutanese affronta il problema dei 50mila profughi in esilio
Secondo Vidhyapati Mishra, dissidente bhutanese e dirigente della Bhutan Media Society, questa visita non cambierà le sorti dei rifugiati, ormai scettici e delusi dalla politica del governo di Timphu, che in questi anni ha sempre ignorato il problema dei profughi. “Non è la prima volta che il premier Thinley compie una visita ufficiale in Nepal – afferma Mishra – e anche in passato ha parlato con il governo di Kathmandu rispetto al problema dei rifugiati, ma le sue parole non si sono mai concretizzate”. L’attivista sottolinea che solo l’India, principale partner commerciale del Bhutan, può convincere il governo a rimpatriare i profughi.
Tra il 1977 e il 1991, in Bhutan, oltre 80mila cittadini di origine nepalese sono stati espulsi dal Paese durante la campagna di nazionalizzazione portata avanti da re Jigme Singye Wangchuck. Tale campagna mirava alla costituzione di uno Stato buddista privo di influenze esterne. Nonostante una parziale svolta democratica, il governo bhutanese ha finora negato il rimpatrio dei profughi, costringendo la comunità internazionale a trasferirli in Paesi terzi.
Mishra, spiega che in questi anni Thinley e re Jigme Khesar Namgyel Wangchuck si sono concentrati solo sul calcolo del prodotto interno lordo basato sulla felicità della popolazione, ignorando che circa 20% di essa è in esilio da 20 anni. “Come può il Bhutan dire che la maggior parte dei suoi cittadini è felice – afferma l’attivista - quando 100mila persone hanno speso la loro vita nei campi profughi e a tutt’oggi la loro unica speranza è l’esilio nei Paesi occidentali?”.
L’attivista spiega che il re-insediamento è l’unica soluzione umanitaria possibile, tuttavia in questi anni le autorità del Bhutan hanno ringraziato la comunità internazionale per aver accolto i rifugiati. “Questa è un’affermazione priva di logica – sottolinea Mishra – perché significa che il governo desidera che parte della popolazione resti per sempre sotto lo status di rifugiati”. A tutt’oggi il Bhutan ha respinto per ben 15 volte l’invito del governo nepalese a iniziare dei negoziati per il rimpatrio, denunciando la presenza di terroristi fra i rifugiati, e rimandato al mittente appelli e lettere aperte di attivisti e associazioni per i diritti umani. Secondo Mishra, Kathmandu dovrebbe essere più decisa nell’imporre la propria linea e costringere le autorità bhutanesi a portare a termine i colloqui, per consentire all’India di entrare ufficialmente nel dialogo e trovare una soluzione definitiva a questa drammatica situazione di stallo.