Kathmandu, arrestate 600 donne che manifestano pro-Tibet
Il governo nepalese si allinea alla repressione cinese del Tibet e mette in galera le dimostranti, fra cui molte monache buddiste. In Nepal vivono oltre 20mila rifugiati tibetani, che non riescono a tornare a casa per l’opposizione di Pechino.
Kathmandu (AsiaNews/Agenzie) – La polizia nepalese ha arrestato ieri 600 manifestanti tibetane, fra cui molte monache buddiste, che protestavano in maniera pacifica contro la repressione cinese a Lhasa. Le manifestanti partecipavano a tre diverse marce contro Pechino, che sono state disperse in breve tempo dagli agenti di sicurezza.
R. P. Dhamala, ufficiale di polizia, conferma gli arresti: il primo gruppo è stato fermato subito dopo il loro incontro in una delle vie principali di Kathmandu, mentre un secondo gruppo di persone è stato arrestato mentre ancora preparava gli striscioni. Uno degli arrestati, 70 anni, dice: “Non stiamo protestando contro il governo nepalese, e non abbiamo fatto nulla di violento. Perché ci fermano?”.
Il Nepal considera il Tibet parte inalienabile della Cina e si è allineato da tempo alla posizione cinese sull’argomento. Kathmandu ha bisogno di Pechino, alleato di ferro e partner commerciale, e reprime con fermezza ogni manifestazione anti-cinese che avvenga sul suo territorio.
In Nepal vivono oltre 20mila tibetani, fuggiti dopo il fallito sollevamento anti-cinese del 1959. Questi chiedono da anni al governo ed alle organizzazioni internazionali di intervenire per permettere il loro rientro in patria, ma Pechino li considera “agitatori non graditi” e nega loro il visto d’ingresso.
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