Kashmir: i terremotati ringraziano i gruppi islamici
Costruiti ospedali, scuole e campi per rifugiati. Il sostegno delle autorità da Islamabad; ma per Usa e India i gruppi, lmolti legati al terrorismo nella zona, rappresentano una seria minaccia alla sicurezza.
Lahore (AsiaNews/Agenzie) I militanti islamici impegnati nella guerriglia in Kashmir hanno trascorso l'ultimo anno lottando per gli aiuti alle vittime del terremoto che l'8 ottobre 2005 ha colpito la zona e ucciso almeno 75 mila persone. A un anno esatto dalla tragedia i superstiti, di cui decine di migliaia vivono ancora in tende e alloggi di fortuna, esprimono gratitudine alle organizzazioni islamiche, che in questi mesi hanno costruito ospedali e ripari. Ma c'è chi teme che la loro presenza e l'appoggio ricevuto dalle autorità locali aumenti l'insicurezza regionale.
"Siamo riconoscenti al Jamaat-ud-Dawa per la sua ospitalità e aiuto", dice Zulakhian Bibi, 55 anni, ferita alle gambe nel crollo della sua abitazione. Il Dawa Field Surgical Hospital a Muzzafarabad, la capitale del Kashmir pakistano, è l'unico in cui si pratica chirurgia ortopedica; offre cure gratuite e al suo interno ha due sale operatorie e una moschea. Il Jamaat-ud-Dawa è l'ala politica del Lashkar-e-Taiba, gruppo fuorilegge che combatte l'India nell'altra parte del conteso Kashmir. Ad aprile scorso, gli Stati Uniti hanno incluso il Dawa nella lista delle organizzazioni terroristiche. Ad agosto il gruppo ha respinto i rapporti che lo accusavano di aver legami con i sospetti terroristi arrestati in Gran Bretagna in relazione al presunto piano terroristico contro compagnie aeree occidentali. Il presidente pakistano, Pervez Musharraf, alleato chiave degli Usa, ha rifiutato di agire contro il Dawa, mentre le autorità continuavano a riferire del buon lavoro dei militanti islamici a favore della popolazione in Kashmir.
L'anno scorso le organizzazioni islamiche sono state tra le prime a raggiungere le zone del Kashmir distrutte dal sisma di 7,6 gradi Richter. I loro membri giravano tra le macerie vestiti con giubbotti da combattimento, imbracciando Kalashnikov, a bordo di pick up con i quali distribuivano gli aiuti. Negli ultimi 12 mesi hanno messo in piedi cliniche, campi per i terremotati e scuole. Gli stessi militanti raccontano che all'inizio i soccorritori americani "erano riluttanti a collaborare con noi, ma poi hanno visto il nostro lavoro e lo hanno apprezzato".
Non è solo l'America ad aver espresso disappunto sulla presenza di queste organizzazioni nella zona già sensibile. Anche New Delhi non ha gradito l'aperto sostegno di Islamabad a militanti legati, che dal 1989 combattono nella sua parte di Kashmir. Il Pakistan, dal canto suo, ha risposto alle critiche ribadendo che si tratta solo di organizzazioni di aiuto. Secondo l'International Crisis, think- thank con sede a Bruxelles, "le minacce alla sicurezza interna e regionale aumenteranno", se questi gruppi continuano ad operare nel processo d ricostruzione.