Kashmir pakistano, è in arrivo una crisi sanitaria
Un operatore Caritas in Pakistan racconta il soccorso medico ai villaggi del Kashmir distrutti dal terremoto. Tende e cibo sono fondamentali, ma "anche operare con l'anestesia". Mancano sangue, medicinali e vaccini.
Lahore (AsiaNews) Nei villaggi del Pakistan "la crisi medica si sta affiancando rapidamente alle altre". Oltre alle sfide logistiche post-terremoto, come calore e cibo "è difficilissimo riuscire a dare assistenza medica con il poco che abbiamo".
Andreas Fabricius è uno specialista nutrizionale e di primo soccorso che lavora per la Caritas tedesca. Si trova in Pakistan dall'11 ottobre, 3 giorni dopo la scossa di terremoto che, ad oggi, ha ucciso 54 mila persone, ferite più di 70 mila e reso senza tetto 3,3 milioni.
Fabricius si è specializzato nelle operazioni in aree di crisi: conosce i problemi correlati all'acqua, al cibo ed alle necessità primarie di sfollati e feriti. Al momento è a capo del settore sanitario Caritas in Pakistan ed ha preso nella sua squadra di soccorso l'equipe medica del lebbrosario di Balakot, totalmente distrutto dal terremoto.
"Abbiamo raggiunto Naran racconta grazie ad un elicottero dell'esercito: era impossibile andare in macchina o a piedi per le frane che colpiscono la regione". La diffidenza dei locali per chi scende da un mezzo delle Forza Armate si è dissolta "non appena hanno riconosciuto i medici del lebbrosario, che hanno reso tutto più facile".
I sopravvissuti del posto "hanno bisogni più urgenti degli altri: qui non è arrivato nessuno per 2 settimane, dato che il maltempo rendeva impossibile anche il volo su quest'area". Le infermiere che operano normalmente qui "sono tutte morte cercando di soccorrere i primi feriti ed i medici a Naran non sono mai arrivati".
La situazione della sanità rurale in Pakistan, come nella confinante India, è terribile: il governo usa il termine "remoti" per indicare i villaggi dove non aprirà mai dispensari ed i privati non hanno interesse a spendere soldi per potenziali clienti fra i più poveri del mondo. "Qui professionisti non ne hanno mai visti racconta il medico ma abbiamo bisogno urgente di ortopedici e chirurghi per cercare di rimettere in piedi qualcuno dei sopravvissuti".
"C'è un'urgenza medica incredibile denuncia ancora perché non abbiamo nulla ed il poco che possiamo portare da fuori ha bisogno di manutenzione. Non c'è sangue e non abbiamo modo di sapere se i donatori siano sani. Non abbiamo ghiaccio per tenere alla giusta temperatura i medicinali, perché quello montano è rischioso e l'elettricità non arriva. L'anestesia è praticamente un sogno, ma operare d'urgenza senza sedativi è terribile".
Il team di Fabricius sta lasciando Nala per un villaggio 24 chilometri a nord di Battagram. Portano con loro guanti chirurgici, bisturi, mascherine protettive e tutto ciò che non necessita di particolari cure. "Ringraziando Dio aggiunge è l'Organizzazione mondiale della Sanità che si è offerta di darci i materiali per poter vaccinare la popolazione contro tifo, tetano ed epatite A, le epidemie più probabili adesso".