Kashmir indiano, arrestati due cristiani per false accuse di conversioni forzate
Srinagar (AsiaNews) - "L'intolleranza anticristiana in Jammu e Kashmir sta raggiungendo proporzioni allarmanti": è la denuncia di Sajan George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), dopo l'arresto di due cristiani a Srinagar, capitale dello Stato indiano, per false accuse di conversioni forzate. Il fermo è scattato il 10 aprile scorso, dopo che una folla di musulmani ha aggredito due uomini, cinque donne e due bambini, tutti di origine britannica.
Gli stranieri vivono da circa quattro anni a Shivpora, un quartiere di Srinagar. Secondo i residenti locali uno di loro, James Thomas, è impegnato in attività di conversione. Così, due giorni fa un nutrito gruppo di persone ha aggredito i cristiani, lanciando pietre contro i veicoli e tentando di distruggere l'abitazione. L'intervento della polizia ha evitato la demolizione e il ferimento dei presenti, ma gli agenti hanno arrestato James e Alora Milli per chiarire le accuse contro di loro.
Le forze dell'ordine hanno posto sotto sequestro l'edificio ed evacuato gli stranieri. L'imam locale ha raccontato alla polizia di aver più volte chiesto agli stranieri di non convertire musulmani, senza risultato. "Adesso - ha aggiunto - non potranno più accedere alla zona. E se tenteranno ancora di convertire qualcuno, glielo impediremo a ogni costo".
"Le accuse false e infamanti dell'imam - sottolinea Sajan George - e l'accondiscendenza della polizia nell'arrestare i cristiani sono una grave minaccia alla libertà religiosa, un diritto garantito dalla Costituzione indiana".
Il Jammu e Kashmir è l'unico Stato a maggioranza musulmana dell'India dove episodi di intolleranza religiosi avvengono di frequente. Lo scorso gennaio un gruppo di turisti stranieri ha rischiato il linciaggio dopo la pubblicazione di alcuni post su Facebook. Un caso esemplare risale al 2011, quando il rev. Chander Mani Khanna, pastore anglicano della All Saints Church, è stato arrestato per aver battezzato sette musulmani e poi incriminato da un tribunale islamico (che non ha alcuna autorità legale nello Stato, né in India, ndr) per proselitismo e conversioni forzate.