Karachi: una fatwa sospende le attività della prima banca del latte pakistana
L'Istituto di salute infantile e neonatologia della provincia del Sindh ha dichiarato che si rivolgerà al Consiglio dell'ideologia islamica per un ulteriore parere che confermi che il progetto è conforme alla legge islamica. I giudici musulmani avevano infatti già approvato la sua istituzione stabilendo una serie di precondizioni. Ma le polemiche sui social hanno spinto a rivedere la questione.
Karachi (AsiaNews) - L’Istituto di salute infantile e neonatologia della provincia del Sindh (SICHN) è stato costretto a sospendere le attività della prima banca del latte umano del Pakistan a causa di polemiche sui social network che la ritengono non conforme ai precetti dell’Islam. L’istituto ha dichiarato che si rivolgerà al Darul Ulum di Karachi, una madrasa di tradizione deobandi, e al Consiglio dell’ideologia islamica, l’organo che si occupa di fornire al governo consulenze legali sulle questioni islamiche.
In realtà, il Consiglio del Darul Ulum aveva emesso a dicembre una fatwa (una disposizione religiosa) che garantiva “il necessario appoggio religioso” alla struttura, giudicando il progetto conforme alla shari’a, la legge islamica. I giurisperiti musulmani avevano stabilito una serie di precondizioni per istituire la banca del latte, tra cui che “i dati completi delle donne che contribuiscono a donare il latte siano condivisi con le madri i cui bambini ricevono il latte, in modo che venga mantenuto un registro di parentela”; che il servizio “debba essere fornito gratuitamente”; e che “ai bambini musulmani venga fornito solo il latte di madri musulmane”.
Nella revisione del 16 giugno, poco dopo l'inauguarazione della banca del latte, però, il Darul Ulum di Karachi ha affermato che è molto difficile se non quasi impossibile mettere in pratica tutte le condizioni citate nella fatwa di dicembre e ha sospeso le attività.
Il SICHN, tramite comunicato stampa, ha affermato che il Darul Uloom di Karachi e il Consiglio dell'ideologia islamica sono “stimate istituzioni” e “pilastri dell'erudizione religiosa e le loro opinioni saranno preziose per affrontare questa questione complicata. Ci impegniamo a garantire che le nostre iniziative sanitarie siano non solo scientificamente valide, ma anche religiosamente conformi”.
Un rappresentante del SICHN ha inoltre spiegato che “su 50 bambini ricoverati nel nostro ospedale, dai 30 ai 35 sono prematuri. Questi bambini hanno bisogno di latte materno per evitare complicazioni e aumentare le possibilità di sopravvivenza. Ma purtroppo alcune madri non hanno abbastanza latte materno per sostenere la loro alimentazione”.
Interpellato dal quotidiano locale Dawn sulla controversia emersa sui social, il rappresentante ha continuato dicendo che le banche del latte umano operano in diversi Paesi musulmani, tra cui l’Iran e la Malaysia: “Purtroppo la nostra società ha perso la capacità di discutere come fanno le persone istruite” ha aggiunto, riferendosi alla “disinformazione” circolata online.
Il nodo principale della questione riguarda il rapporto che si verrebbe a creare tra il neonato e la madre donatrice e tra i diversi neonati che hanno ricevuto il latte proveniente dalla stessa donna. Si tratterebbe di relazioni pari a quelle tra madre biologica e figlio e tra fratelli, che nell’Islam sono definite “mahram”, proibite perché incestuose. Secondo i principi della giurisprudenza islamica, le relazioni di questo tipo devono quindi essere delineate in maniera chiara in modo da evitare in futuro matrimoni incestuosi tra bambini che hanno ricevuto lo stesso latte materno. Nella maggior del mondo musulmano la pratica è vietata perché le donatrici solitamente restano anonime.