29/05/2024, 12.56
MYANMAR
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Kachin, terre rare: esportazioni in Cina da record, aumentano i danni ambientali e alla salute

L'organizzazione Global Witness ha aggiornato il proprio rapporto sulla situazione nello Stato birmano ricco di elementi chimici necessari alla produzione di tecnologie moderne. Qui si scontrano gruppi armati fedeli all'esercito e milizie etniche della resistenza. Ma entrambi i fronti fanno affidamento sulle miniere (di cui la maggior parte non sono regolamentate) per aumentare le entrate, causando problemi enormi all'ambiente e alla popolazione locale.

Yangon (AsiaNews) - Le importazioni cinesi di terre rare pesanti dal Myanmar hanno superato ogni record lo scorso anno, aggravando i problemi ambientali dello Stato birmano del Kachin, in parte controllato da un gruppo armato vicino all’esercito e in parte dalle milizie etniche che si oppongono al regime militare. Entrambi i fronti, entrati in conflitto dopo il colpo di Stato della giunta militare a febbraio 2021, fanno affidamento sulle miniere (di cui la maggior parte non sono regolamentate) per aumentare le entrate.

L’organizzazione no-profit Global Witness ha aggiornato dopo due anni il proprio rapporto sull’estrazione di terre rare in Myanmar, ribadendo ancora una volta che la dipendenza globale dalle miniere birmane sta avendo effetti negativi sulla salute della popolazione locale. 

Le terre rare sono un gruppo di 17 elementi della famiglia dei metalli e a loro volta possono essere suddivise in leggere, medie e pesanti in base al loro peso atomico. La Cina detiene una sorta di monopolio sull'estrazione e la lavorazione delle terre rare, fondamentali per la produzione di diverse tecnologie, dalle batterie delle auto elettriche, alle turbine delle pale eoliche fino alle armi di ultima generazione. 

Le importazioni cinesi dal Myanmar sono passate dalle 19.500 tonnellate del 2021 a 41.700 tonnellate nel 2023 (per un valore di 1,4 miliardi di dollari), una quantità più che doppia rispetto a quella che la Cina estrae a livello nazionale.

Per l’estrazione vengono utilizzate sostanze tossiche che inquinano l’ambiente e provocano danni alla salute. Il solfato di ammonio “viene iniettato nel terreno attraverso una rete di tubi. Man mano che la soluzione scende verso il basso, raccoglie le terre rare”, spiega Global Witness. “In Cina, dove questa tecnica - nota come lisciviazione in situ - è stata sviluppata per la prima volta negli anni '80, è noto che provochi l’inquinamento di corsi d’acqua e di terreni agricoli e la distruzione della vegetazione”. Ma se questa pratica in Cina è ampiamente regolamentata, in Myanmar non sono in vigore norme di nessun tipo. Al contrario, la maggior parte delle sostanze chimiche necessarie al processo provengono proprio dalla Cina: nel 2023 sono state esportate 1,5 milioni di tonnellate di solfato di ammonio (contro le 93mila tonnellate nel 2015) e 174mila tonnellate di acido ossalico (nel 2015 erano state 342 tonnellate).

I residenti locali hanno raccontato in forma anonima che a causa dei composti chimici, “tutto è distrutto. Non si può più piantare nulla nei campi. Molti animali sono morti bevendo quell’acqua”. O addirittura: “Entrare in acqua può causare prurito e infezioni”. Tra i lavoratori delle miniere c’è stato un aumento di problemi respiratori, alle pelle e di malattie ai reni e agli organi interni. Alcuni minatori sono morti in seguito a gravi problemi intestinali. Global Witness ha raccolto dei campioni d’acqua dai fiumi della regione che contengono elevati livelli di arsenico, confermando le testimonianze della popolazione locale.

Sono due, nello Stato Kachin, le aree in cui si concentrano i siti minerari. In quella che viene chiamata regione speciale 1, controllata da milizie fedeli all’esercito birmano, il numero di miniere è salito a più di 300, con un incremento di oltre il 40% rispetto al 2021. Anche nella municipalità di Momauk, a circa 150 chilometri più a sud, i siti minerari sono passati dai nove del 2021 a più di 40 nel 2023, come confermato dalle immagini satellitari analizzate da Global Witness. Quest’area è amministrata dalla Kachin Independence Organization (KIO), il cui braccio armato, la Kachin Independence Army (KIA) combatte contro la giunta militare. 

Il KIO ha dichiarato di procedere con l’estrazione di terre rare solo dopo aver ottenuto il consenso della popolazione locale e di aver regolamentato l'attività con leggi severe, aggiungendo che i proventi derivanti dall’attività mineraria vengono “messi da parte nel fondo di sviluppo regionale” che finanzia “l’istruzione, la sanità e lo sviluppo delle infrastrutture”. Gli esperti però diffidano da queste affermazioni. Lo scorso anno, un leader del KIO, il generale N'Ban La, aveva affermato che i proventi minerari erano destinati a finanziare la lotta contro l’esercito. Allo stesso modo, Richard Horsey, analista dell’International Crisis Group, sostiene che entrambe le parti in conflitto vedono le terre rare come un’importante fonte di entrate. Si tratta di “un’enorme fonte di reddito per quello che in realtà è un gruppo armato piuttosto piccolo, alleato con l’esercito del Myanmar”, ha detto, riferendosi alla milizia che controlla la regione speciale 1. Allo stesso tempo, “il KIO è decisamente interessato a sviluppare le proprie miniere di terre rare perché vede quanti soldi si guadagnano. Non può permettersi di non avere una fetta di quelle entrate”.

 

Foto: Global Witness

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