21/10/2021, 13.32
AFGHANISTAN
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Kabul, si muore di fame e freddo nei campi degli sfollati

La crisi umanitaria diventa sempre più grave in Afghanistan. Gli ospedali sono al collasso senza gli aiuti umanitari. I funzionari pubblici non ricevono lo stipendio da 4 mesi. Gli sforzi della diplomazia sembrano non portare da nessuna parte.

Kabul (AsiaNews/Agenzie) - A Kabul, nei campi per gli sfollati interni, nei giorni scorsi sono morti cinque bambini per il freddo e la fame. Le famiglie erano scappate dalle province per sfuggire alle rappresaglie dei talebani prima che questi arrivassero alla capitale. Nei campi non ci sono strutture sanitarie, i bambini che nascono restano senza vestiti per ore. Senza i soldi degli aiuti internazionali anche gli ospedali sono al collasso. “Non siamo in grado di pagare gli stipendi e le forniture a causa della situazione economica”, ha raccontato Atiqullah Kariq, direttore dell’ospedale Dasht-e-Barchi a Kabul. "Eravamo abituati a far nascere 70 bambini al giorno, ma ora siamo scesi a meno di 15. Avevamo più di 100 ostetriche, ora ne abbiamo 6. Stiamo facendo del nostro meglio, ma senza un maggiore aiuto internazionale, non possiamo tornare a lavorare come prima”.

Circa 9 miliardi di dollari (oltre 7,5 miliardi di euro) di riserve della banca centrale afghana restano bloccati nelle banche americane, per cui i salari dei dipendenti pubblici non vengono ancora pagati. A Herat centinaia di insegnanti si sono uniti in protesta perché da quattro mesi non ricevono lo stipendio. La gente non riesce a pagare le bollette, gli insegnanti lamentano di non avere i soldi e i mezzi per portare i figli dal medico. “Guadagnano i soldi per vivere vendendo elettrodomestici ma ora non hanno più nulla da vendere”, ha detto Mohammad Sabir Mashal, capo dell'associazione degli insegnanti. Prima della creazione dell’Emirato islamico dell’Afghanistan, il 75% della spesa pubblica era finanziato da aiuti internazionali.

Intanto i Paesi confinanti hanno chiuso le porte ai richiedenti asilo afghani: il governo talebano ha detto che in meno di un mese ricomincerà a rilasciare passaporti, ma intanto la sofferenza di chi è rimasto bloccato in Afghanistan aumenta. Human Rights Watch ha chiesto alle Nazioni unite e alle altre agenzie internazionali di aumentare il sostegno agli afghani che sono fuggiti o vogliono fuggire dal Paese. Chi è già scappato in Occidente ha bisogno di “soluzioni sicure e durature”, mentre per chi è rimasto dovrebbe essere stabilito “un programma di partenze controllate”. 

È in questo contesto che va inserita la partecipazione dei talebani alla conferenza internazionale tenutasi ieri a Mosca, alla quale hanno partecipato i rappresentanti di Russia, Cina, Pakistan, India, Iran e cinque “stan” dell’Asia centrale. Nella dichiarazione finale chiedono l’intervento dell’Onu per evitare una crisi umanitaria di proporzioni catastrofiche, soprattutto ora che arriva l’inverno. “L’onere principale dovrebbe essere sostenuto dalle forze i cui contingenti militari sono stati presenti in questo Paese negli ultimi 20 anni”, hanno affermato, riferendosi agli Stati Uniti. 

I talebani continuano a rassicurare il mondo di essere in grado di controllare il Paese, ma in realtà non hanno i mezzi per tenere a bada i combattenti dello Stato islamico che nei giorni scorsi hanno condotto l’ennesima serie di attacchi, anche a Kandahar, culla del potere talebano. 

La Russia e tutti gli altri Paesi vogliono evitare l’instabilità e l’infiltrazione di “estremisti islamici" (cioè l’Isis e al-Qaeda), ma restano reticenti a riconoscere il governo dell’Emirato. Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha però dichiarato che bisogna prendere atto che “una nuova amministrazione è ora al potere”. E ha chiesto ai talebani un governo più inclusivo, in cui cioè siano rappresentate tutte le fazioni etniche del Paese. Ma su questo punto la diplomazia incontra l’ennesimo stallo, perché i talebani non danno segno di voler fare concessioni.

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