Kabul, contro i talebani non è possibile una vittoria militare
Fonti di AsiaNews spiegano che l’invio di nuove truppe “non migliorerà la situazione”. Il problema è politico e sociale. Necessario trovare un compromesso per sbloccare lo “stallo” governativo e combattere la “diffusa sensazione di corruzione”. Bocche cucite, ma più di un sospetto, sui pagamenti ai talebani da parte di eserciti e servizi stranieri.
Kabul (AsiaNews) – Mentre in occidente si discute come aumentare il numero di soldati stranieri in Afghanistan, fonti di AsiaNews spiegano che una maggiore presenza militare “potrebbe acuire la tensione”: i talebani sono “sempre più forti” e la guerriglia “è ogni giorno più efficace”, tanto che “non c’è possibilità di vittoria con un conflitto militare”. L'Afghanistan - essi dicono - vive una situazione di “stallo a livello politico” e l’invio di nuove truppe “non migliorerà” la situazione, perché “non è con l’esercito che si risolve il problema”. “In occidente - dicono ancora le fonti afghane, anonime per motivi di sicurezza - si discute l’aumento del contingente militare, ma il vero problema è la sensazione diffusa di insicurezza e corruzione che abbraccia non solo ill fronte governativo, ma anche i miliardi di dollari per la ricostruzione investiti dalla comunità internazionale ”.
Oggi il maggiore Mart de Kruif, comandante delle truppe Nato nel sud del Paese, ha chiesto l’invio di altre 10/15 mila truppe per garantire la sicurezza. Da tempo il generale Stanley McChrystal, comandante delle forze congiunte statunitensi e Nato in Afghanistan, invoca un aumento del contingente militare: alle attuali 100 mila truppe, ne vanno aggiunte altre 40 mila per “combattere la resistenza armata che si sta diffondendo in tutto il Paese”.
Da Kabul le fonti di AsiaNews sottolineano che “la presenza dei militari deve avere un valore di ricostruzione del Paese”, mentre oggi mancano “ponti, scuole, strade, il 90% della popolazione è analfabeta e negli ultimi mesi la situazione è peggiorata”. “Non è possibile – aggiungono – operare con le cliniche mobili per interventi medici o servizi di riabilitazione. Un tempo, invece, si potevano raggiungere anche i villaggi in aree lontane senza il pericolo di essere attaccati”.
Sotto accusa anche le Ong e i governi internazionali, che dei “miliardi di dollari stanziati per l’Afghanistan” hanno regalato “solo le briciole” in progetti concreti di ricostruzione. “Gli afghani – raccontano – ricevono di giorno qualche aiuto dagli occidentali, la notte prendono soldi e contributi dai talebani. Ecco perché, in molti casi, vi è la connivenza della polizia o della popolazione civile nella realizzazione di attentati contro eserciti stranieri o altri obiettivi sensibili”.
La situazione di “stallo” a livello politico, seguita dalle accuse di brogli alle elezioni presidenziali del 20 agosto, contribuisce ad alimentare sospetti, diffidenze e un clima generale di “sfiducia nelle istituzioni”. È necessario sviluppare una “visione etica” nella gestione degli affari pubblici, attraverso una “volontà politica” condivisa dalle parti. “È chiaro – spiegano – che si devono mettere da parte elementi fondamentali, come i diritti per le donne, sui quali non è possibile trovare un accordo condiviso. Non solo i talebani, ma anche all’interno del governo vi sono delle posizioni intransigenti. Il buonsenso non esiste, ma se non ci siede attorno a un tavolo e non si raggiungono dei compromessi, la situazione non cambierà”.
Bocche cucite, infine, sulla questione legata al pagamento di somme di denaro versate ai talebani da parte di eserciti e servizi segreti occidentali in cambio di una non interferenza reciproca: niente incursioni nei territori talebani; niente attacchi contro i soldati. “Non possiamo dire nulla” afferma una fonte di Kabul; una seconda conferma che “non se ne parla”, ma aggiunge anche che “qualcosa ci deve essere. Anzi, ci sarebbe molto da dire”.(DS)
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