Java: avanza un mare di fango bollente
Dalla fine di maggio il fango esce senza fine da un pozzo minerario. Già sfollate oltre 10 mila persone, invase case e minacciate importanti vie di comunicazione.
Jakarta (AsiaNews/Agenzie) Il fango bollente che da mesi fuoriesce da un pozzo nell'isola di Java, ha valicato in questi giorni una diga di contenimento e ha invaso un altro centro abitato, minacciando di raggiungere un'importante linea ferroviaria.
Mochammad Pain, capo del distretto di Sidoario, racconta che "la popolazione è stata presa dal panico come se arrivasse uno tsunami. In un attimo il mio ufficio è stato inondato e lo stesso è successo alle abitazioni circostanti".
Il fango ha invaso la ferrovia e potrebbe raggiungere la linea che collega Surabaya a Jakarta.
Dal 27 maggio ogni giorno 50 mila metri cubi di fango a 60 gradi centigradi fuoriescono da un pozzo minerario appena fuori la città industriale di Surabaya, nella Java orientale. Ha già sommerso 25 kmq. di territorio, coperto terreni coltivati e canali di irrigazione, invaso una via di grande comunicazione e costretto oltre 10 mila persone a lasciare le case. Tutti i tentavi di fermarne l'uscita sono falliti. Rachmat Witoelar, ministro dell'Ambiente, si oppone alla proposta di convogliarlo nel mare, per l'elevato rischio che possa alterarne l'ecosistema, e propone di realizzare uno scavo che lo contenga.
La proprietà della miniera di gas è divisa tra le società locali PT Lapindo Brantas (50%) e PT MedcoEnergi Oil&Gas Brantas (32%) e l'australiana leader del settore Santos Ltd (18%). Il pozzo arriva a 3 km. sotto terra. Le società hanno dapprima affermato che il disastro è dovuto a "cause naturali", per cui i danni dovrebbero essere coperti dal Governo. I responsabili della Lapindo hanno sostenuto che il terremoto del 27 maggio, con epicentro a Yogyakarta, ha causato una breccia sotterranea per la fuoriuscita del fango. Molti esperti hanno notato che l'epicentro del terremoto è lontano oltre 300 km. e a tale distanza la forza d'urto è molto diminuita.
In un primo momento, esperti governativi inviati ad accertare la cause hanno osservato che per le imprese era difficile "prevedere" questa conseguenza, data la "complessa natura geologica del Paese". Analisti politici hanno commentato che la società Lapindo appartiene alla ricca famiglia Bakrie. Tuttavia, a metà giugno è emersa una lettera del 5 giugno della MedcoEnergi che accusa la partner Lapindo di "grossolana negligenza" per gravi violazioni delle misure di sicurezza. In particolare, non avrebbe posto il rivestimento protettivo spesso almeno 9 pollici (cm. 23 circa) prescritto per i pozzi alla profondità di 8.500 piedi (mt. 2635). Questo rivestimento, ritengono esperti, avrebbe consentito di chiudere il pozzo e impedire l'uscita del fango, che non avrebbe potuto scavarsi un'altra via nel terreno, come sembra che sia accaduto.
In seguito Jusuf Kalla, vice presidente indonesiano, ha dichiarato che la Lapindo deve risarcire le migliaia di danneggiati. La compagnia, comunque, garantisce che potrà risarcire i danneggiati, in quanto è assicurata contro simili eventi. Intanto le persone sfollate ancora vivono ammassate in capannoni e magazzini. (PB)