20/02/2010, 00.00
INDONESIA
Invia ad un amico

Jakarta tassa i matrimoni con gli stranieri: 50mila dollari per sposare donne indonesiane

di Mathias Hariyadi
La norma servirà a “proteggere” moglie e figli nel caso in cui il marito abbandoni la famiglia. Il disegno di legge è sostenuto dal Consiglio indonesiano degli ulema e il denaro va versato alle banche islamiche. Essa, tuttavia, non vale per donne straniere coniugate con indonesiani.
Jakarta (AsiaNews) – Gli stranieri dovranno sborsare almeno 500 milioni di rupie indonesiane – circa 50mila dollari – per sposare una donna dell’arcipelago. La somma di denaro, da versare in una delle banche islamiche del Paese, servirà a “proteggere” moglie e figli in caso di divorzio. È quanto emerge da una proposta di legge al vaglio del Parlamento, sostenuta con forza dal potente Consiglio degli ulema indonesiani (Mui). La norma, tuttavia, non vale per gli indonesiani che sposano donne straniere.
 
Dopo le polemiche divampate nei giorni scorsi attorno alla proposta di punire con carcere e multe le coppie di fatto e la poligamia, pur ammessa nell’islam, dall’Indonesia arriva un’altra norma destinata a suscitare un feroce dibattito. L’obiettivo, spiegano i firmatari della legge, è quello di “assicurare” una rendita finanziaria alla donna e ai bambini, nel caso in cui il marito intenda separarsi.
 
I matrimoni misti fra donne indonesiane e stranieri – provenienti soprattutto dal Medio oriente – sono diventati una pratica comune nel Paese. Anche nel mondo dello spettacolo, fra le attrici delle soap-opera e le cantanti pop, si registrano numerosi esempi. Nel disegno di legge emerge che il denaro va versato “in una banca islamica” – le Syariah banks – e “verrà dato alle donne, nel momento in cui il marito abbandona moglie e figli per non meglio precisati motivi”.
 
L’importo, prosegue il testo della norma, va prelevato solo al momento della separazione e servirà a garantire la sopravvivenza della famiglia e dei bambini, sino al raggiungimento del 21mo anno di età. Tuttavia, la legge non riguarda i casi di matrimoni misti fra uomini indonesiani e donne straniere. In questo caso, infatti, il marito non è tenuto a versare la somma di denaro e la moglie è abbandonata a se stessa.
 
Kiai Hajj Amidan, capo del Mui, è fra i più strenui sostenitori della norma, perché assicura “il benessere di moglie e figli in caso di divorzio”. Il commento del leader musulmano si collega alla serie di “brutti incidenti” occorsi di recente nel Borneo (Kalimantan). Molte indonesiane hanno sposato lavoratori stranieri nel settore agricolo e industriale che – una volta perduto l’impiego – sono rientrati nei Paesi di origine, abbandonandole “senza alcun fondo atto a garantire la sopravvivenza della famiglia”. Egli precisa che il denaro “va versato alle banche islamiche”.
 
La proposta di legge ha già incontrato numerose critiche, in particolare fra le donne dello spettacolo. Julia Perez – attrice di soap-opera – che in passato ha frequentato un ragazzo francese e ora è fidanzata con un argentino, si dice “scioccata” per la norma al vaglio del Parlamento che definisce “controversa”. Un parere condiviso da Feby Febiola (attrice, nella foto), sposata con un francese. Diversa l’opinione di Ruhut Sitompul, del partito di governo Democrat Party, che sostiene una norma “intesa a proteggere la donna e i bambini da azioni dannose compiute dal padre [straniero]”.
TAGs
Invia ad un amico
Visualizza per la stampa
CLOSE X
Vedi anche
Jakarta, ulema e governo: carcere e multe per coppie di fatto
16/02/2010
I "valori irrinunciabili" della Chiesa, disprezzati da Barack Obama e dalla sinistra
08/11/2012
Aumentano i matrimoni, ma anche i divorzi, fra sud coreani e stranieri
31/03/2006
Minacce a una coppia: lei è musulmana e ‘non deve amare’ un cristiano
07/12/2019 12:09
Sinodo: la Chiesa si interroga sulla "sfida" delle"nuove" realtà familiari
05/11/2013


Iscriviti alle newsletter

Iscriviti alle newsletter di Asia News o modifica le tue preferenze

ISCRIVITI ORA
“L’Asia: ecco il nostro comune compito per il terzo millennio!” - Giovanni Paolo II, da “Alzatevi, andiamo”