Jakarta rinvia la discussione sulla legge anti-pornografia
Jakarta (AsiaNews) – La camera dei deputati ha annunciato di voler “rimandare” la discussione della “legge contro la pornografia”, meglio nota come Undang-undang Pornografi, Uu App, per le ampie divisioni che la norma ha creato nel Paese, e auspica al contempo di poter elaborare un testo condiviso “entro la fine dell’anno”.
La notizia è stata accolta con “soddisfazione” da gran parte dell’opinione pubblica indonesiana, che sottolinea lo “spreco di energie” profuso per far passare la legge e che invece poteva essere “utilizzato per questioni più importanti”. Alcuni deputati denunciano inoltre “falsificazioni nelle firme” per raggiungere il quorum necessario per procedere al voto, mentre altri segnalano che alle discussioni parlamentari venivano ammessi solo “coloro i quali erano a favore dell’approvazione della legge”. “In una occasione non siamo stati ammessi in aula – denuncia Beny Wijayanto, del Women’s Legal Ais Foundation – mentre i partiti favorevoli alla normativa erano presenti al gran completo”.
A favore della “legge contro la pornografia” sono schierati i principali partiti di ispirazione islamica, fra i quali il Prosperous Justice Party (Pks), e alcuni movimenti radicali, mentre essa è osteggiata dal partito nazionalista (Pdip), sostenuto dallo schieramento cristiano Peace and Prosperous Party e dal Democrat Party.
Al centro della controversia la definizione del concetto di “pornografia” previsto dalla nuova normativa, i cui confini non sono ben chiari e che potrebbero colpire in maniera generica “qualsiasi forma di arte – letteratura, scultura, pittura, poesia – caratteristica della cultura indonesiana o le tradizioni tipiche di alcune aree” in materia di vestiti e abbigliamenti. La legge contro la pornografia, denunciano gli attivisti, oltre a cancellare le differenze “culturali” presenti nel Paese e a metterne a rischio “l’unità nazionale”, sarebbe un tentativo dell’ala fondamentalista islamica di “approvare la sharia” e trasformare la nazione “sul modello dell’Arabia Saudita”.
05/11/2019 08:49