16/01/2012, 00.00
PAKISTAN
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Islamabad, scontro fra poteri: esercito e magistrati minacciano l’esecutivo

Il Pakistan è attraversato da una profonda frattura fra le istituzioni. La Corte suprema cita in giudizio il premier Gilani. I militari tentati dal colpo di mano per rovesciare il presidente Zardari, sospettato di corruzione e accusato di aver chiesto l’aiuto Usa dopo l’uccisione di Bin Laden. Il Parlamento chiamato a votare la fiducia.
Islamabad (AsiaNews) – Il governo pakistano guidato dal presidente Asif Ali Zardari e dal premier Yousaf Raza Gilani è a un crocevia, dovendo fronteggiare attacchi che provengono dall’esercito e dalla magistratura. L’esecutivo ha chiesto un voto di fiducia al Parlamento dove gode ancora di una maggioranza, per dimostrare al Paese che la coalizione guidata dal Partito popolare pakistano (Ppp) è legittimata a livello politico e ha i numeri per portare a termine i cinque anni di legislatura fino al 2013. Tuttavia, si fa sempre più concreto il rischio di un colpo di mano dei militari o di un intervento della Corte suprema che, da un’aula di tribunale, metterebbe la parola fine all’attuale governo. In 64 anni di storia del Pakistan, nessun esecutivo è mai riuscito a portare a termine la legislatura e una crisi nel quadro attuale metterebbe “in serio pericolo” il cammino democratico della nazione. “Il Paese – confida ad AsiaNews un esperto di politica – vive una fase epocale, determinante per il futuro della nazione”.

Il primo fronte vede opposti il governo e l’esercito. I militari sono da sempre il vero “potere forte” del Pakistan: essi determinano il corso del Paese mediante colpi di Stato e piazzano i propri uomini ai vertici delle istituzioni, come avvenuto con il generale Zia-ul-Haq – responsabile delle famigerate leggi sulla blasfemia – e, di recente, con Pervez Musharraf. Al centro della contesa fra esecutivo ed esercito vi è il “memo-gate”, scoppiato nell’ottobre scorso: un uomo d’affari pakistano-statunitense avrebbe consegnato un memoriale in cui veniva chiesto il sostegno Usa contro un possibile colpo di Stato dell’esercito, all’indomani del raid che ha portato all’uccisione di Osama Bin Laden.

Il ricercato numero uno, ormai defunto, avrebbe trascorso gli ultimi anni in una villa ad Abbottabad, a poca distanza dal più importante centro di addestramento dell’esercito pakistano. Un elemento che ha innescato roventi polemiche e ipotizzato una “copertura” dei militari al fondatore ed ex capo di al Qaeda. La controversia ha incrinato i rapporti fra esecutivo e militari – pronti al colpo di Stato – e da qui l’ipotetica decisione di appellarsi agli Usa. Il memoriale consegnato a Washington sarebbe opera dell’ambasciatore pakistano negli Stati Uniti, dietro precise indicazioni del presidente Zardari. I militari accusano l’esecutivo di aver “svenduto” la sovranità nazionale pur di restare al potere. Tuttavia, le ipotesi non sono comprovate da fatti concreti e la leadership dell’esercito non sarebbe (al momento) intenzionata a sobbarcarsi la responsabilità di governare, in un quadro di crisi economica e diffusa povertà del Paese.

Al contempo, cresce la tensione fra potere esecutivo e giudiziario: la Corte suprema ha emesso una diffida nei confronti del Primo Ministro Yousaf Raza Gilani, per oltraggio ai giudici. Al centro della controversia il provvedimento di amnistia del 2007 per reati di corruzione, una norma ricusata dal tribunale nel 2009 ma che il governo ha voluto mantenere in vigore, ignorando la disposizione della magistratura. Sul presidente Zardari – secondo alcuni analisti il “vero problema” attorno al quale ruota la crisi – e altri politici di primo piano gravano pesanti sospetti di corruzione; di contro, l’esecutivo si è sempre opposto all’ipotesi di riaprire i procedimenti in tribunale. Gilani dovrà comparire davanti ai giudici il prossimo 19 gennaio; ma, prima di allora, sarà il Parlamento a decidere la sorte della legislatura, con un voto di fiducia in programma nelle prossime ore.

Gli esperti sottolineano che se l’attuale governo potrà completare il mandato, portando a termine la legislatura e andando al voto – come previsto – nel 2013, il Pakistan ha raggiunto un “traguardo storico” nella storia recente e nel cammino verso la democrazia. In caso contrario è probabile che il Paese sia dilaniato da lotte interne e scontri sanguinari. “I militari non si muoveranno – rivela una fonte di AsiaNews – ma aspetteranno l’eventuale ordine della Corte suprema, che ha il potere di far intervenire l’esercito per rovesciare l’esecutivo”. L’establishment e la leadership dell’esercito sono sottoposti a “forti pressioni”, ma non è escluso che il governo possa chiedere elezioni anticipare per rafforzare la posizione nelle camere del Ppp, partito di maggioranza.
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